La sindrome di alienazione genitoriale
La sindrome di alienazione genitoriale (o PAS, dall’acronimo di Parental Alienation Syndrome) è una delle più gravi patologie da separazione, un disturbo psicologico che può insorgere nei figli, tipicamente a seguito del loro coinvolgimento in separazioni conflittuali non appropriatamente mediate.
A dispetto della relativa conoscenza che attualmente se ne ha ancora in Italia, la PAS è oggetto di studio e ricerca in ambito scientifico e giuridico da oltre vent’anni nel mondo, ed è stata inizialmente descritta e sistematizzata in letteratura da Richard A. Gardner, scomparso nel maggio 2003.
Richard A. Gardner definisce la PAS:
«Un disturbo che insorge quasi esclusivamente nel contesto delle controversie per la custodia dei figli. In questo disturbo, un genitore (alienatore) attiva un programma di denigrazione contro l’altro genitore (genitore alienato).
Tuttavia, questa non è una semplice questione di “lavaggio del cervello” o “programmazione”, poiché il bambino fornisce il suo personale contributo alla campagna di denigrazione. È proprio questa combinazione di fattori che legittima una diagnosi di PAS. “In presenza di reali abusi o trascuratezza, la diagnosi di PAS non è applicabile”
La PAS è prodotta da una programmazione dei figli da parte di un genitore patologico (genitore alienante): un lavaggio del cervello che porta i figli a perdere il contatto con la realtà degli affetti e ad esibire astio e disprezzo ingiustificato e continuo verso l’altro genitore (genitore alienato).
Le tipiche tecniche di programmazione del genitore alienante, comprendono l’uso di espressioni denigratorie riferite all’altro genitore;
false accuse di trascuratezza, violenza o abuso (nei casi peggiori, anche abuso sessuale);
la costruzione di una “realtà virtuale familiare” di terrore e vessazione che genera nei figli profondi sentimenti di paura, diffidenza e odio verso il genitore alienato.
I figli, quindi, si alleano con il genitore “sofferente” si mostrano come contagiati da questa sofferenza e iniziano ad appoggiare la visione del genitore alienante, esprimendo, in modo apparentemente autonomo, astio, disprezzo e denigrazione contro il genitore alienato.
La programmazione arriva spesso a distruggere la relazione fra figli e genitore alienato, perché i bambini arrivano a rifiutare qualunque contatto, anche solamente telefonico, con il genitore alienato. Perché si possa parlare di PAS, però, è necessario che l’astio, il disprezzo, il rifiuto non siano giustificati (o giustificabili) da reali mancanze, trascuratezze o addirittura violenze del genitore alienato.
La diagnosi di PAS si basa sull’osservazione di otto sintomi primari nel bambino.
Il primo sintomo è la campagna di denigrazione, nella quale il bambino mima e scimmiotta i messaggi di disprezzo del genitore alienante verso l’altro genitore. In una situazione normale, i genitori non permettono che il bambino manchi di rispetto all’uno o all’altro. Nella PAS, invece, il genitore programmante non mette in discussione questa mancanza di rispetto, ma può addirittura arrivare a favorirla.
Il secondo sintomo è la debole razionalizzazione dell’astio, per cui il bambino spiega le ragioni del suo disagio nel rapporto con il genitore alienato con motivazioni illogiche, insensate o, anche, solamente superficiali. Ad esempio, come scrive Gardner: “non voglio vedere mio padre perché mi manda a letto troppo presto”, oppure “perché una volta ha detto cazzo”. La mancanza di ambivalenza è un ulteriore elemento sintomatico, per il quale il genitore rifiutato è descritto dal bambino come “tutto negativo”, mentre l’altro genitore è visto come “tutto positivo”.
La mancanza di ambivalenza è un ulteriore elemento sintomatico, per il quale il genitore rifiutato è descritto dal bambino come “tutto negativo”, mentre l’altro genitore è visto come “tutto positivo”.
Il fenomeno del pensatore indipendente indica la determinazione del bambino ad affermare di essere una persona che sa pensare in modo indipendente, con la propria testa, e di aver elaborato da solo i termini della campagna di denigrazione senza influenza del genitore programmante.
L’appoggio automatico al genitore alienante è una presa di posizione del bambino sempre e solo a favore del genitore alienante, in qualunque genere di conflitto si venga a creare.
L’assenza di senso di colpa è il sesto sintomo: questo significa che tutte le espressioni di disprezzo nei confronti del genitore escluso, avvengono senza sentimenti di colpa nel bambino.
Gli scenari “presi in prestito” sono affermazioni del bambino che non possono ragionevolmente venirne da lui direttamente, come l’uso di parole o situazioni normalmente non conosciute da un bambino di quell’età per descrivere le colpe del genitore escluso.
Infine, l’ottavo sintomo è l’estensione delle ostilità alla famiglia allargata del genitore rifiutato, che coinvolge nell’alienazione la famiglia, gli amici e le nuove relazioni affettive (una compagna o un compagno) del genitore rifiutato.
Oltre agli otto sintomi primari della PAS, Gardner ha successivamente aggiunto altri quattro criteri diagnostici:
1)··· Difficoltà di transizione quando il figlio deve separarsi dal genitore alienante per trascorrere il periodo di visita con l’altro genitore.
2)··· Comportamento ostile durante le visite presso il genitore denigrato.
3)··· Il legame strettissimo (invischiato) con il genitore alienante.
4)··· Il legame positivo col genitore alienato prima che intervenisse il processo di alienazione.
Il genitore alienante, invece di contestare ai figli l’assurdità delle loro affermazioni, ne “rispetta” i sentimenti e ne tollera le ripetute esibizioni di maleducazione e diffamazione.
Ne risulta un atteggiamento adultomorfico dei figli, che li fa sentire come se si fossero rapidamente elevati a rango di “eroici” adulti, con cui possono far colpo sui coetanei.
Appoggiando automaticamente e acriticamente il genitore alienante, percepito come il più potente dei due, i figli sentono di acquisire potere, perché si mettono al sicuro dal non subire punizioni e dal fare la stessa fine del genitore vittimizzato, ricalcando il classico schema del meccanismo di difesa, dell’identificazione con l’aggressore.
Se dimostrassero affetto al genitore bersaglio, essi stessi correrebbero il rischio di ritorsioni, quanto meno la perdita dell’affetto del genitore alienante (Montecchi, 1994).
Nonostante la maggior parte dei genitori bersagliati dalla PAS non facciano granché per meritarsi le sofferenze che vengono loro inflitte dai figli, tuttavia, una minoranza di loro, con la passività, contribuisce al consolidamento della PAS.
Essendo senza difesa, denigrati, derisi ed ignorati impunemente, i genitori alienati diventano delle vittime ideali.
Finiscono con l’aver paura di intraprendere qualunque azione, divenendo così, agli occhi dei figli, genitori delegittimati.
Normalmente, il genitore bersaglio ha avuto un rapporto affettuoso coi figli, o una minima carenza nelle sue capacità genitoriali. Il marchio caratteristico della PAS è l’esagerazione di difetti marginali e di minime mancanze. Alla denigrazione, qualora non sia stata sufficiente a spezzare il legame affettivo tra il genitore bersaglio e i figli, si possono aggiungere anche le false dichiarazioni o le denunce (anche di abusi sessuali).
Richard Gardner afferma che i comportamenti correlati alla PAS sono una vera e propria forma di violenza emotiva, capace di produrre significative psicopatologie sia nel presente che nella vita futura dei figli coinvolti.
Gravi difficoltà psicologiche quali:
- esame di realtà alterato
- Chiusura narcisistica e diffusione d’identità
- indebolimento della capacità di provare simpatia ed empatia
- mancanza di rispetto per l’autorità, estesa anche a figure non genitoriali
- Ideazioni paranoidi
- psicopatologie legate all’identità di genere
- L’esperienza dimostra che, qualora venga meno l’influenzamento dei figli da parte del genitore alienante, se il rapporto col genitore alienato, in precedenza, era solido, e non è trascorso molto tempo, i sintomi della PAS svaniscono.
Il tempo, inoltre, è un elemento a favore del consolidamento della sindrome.
Come qualunque altra patologia, anche la PAS può presentarsi, nel momento diagnostico, con differenti livelli di gravità (PAS di grado lieve, moderato, grave) a seconda dell’intensità e dell’efficacia della programmazione.
È responsabilità del clinico scegliere l’approccio adeguato: a seconda di quanto appropriata sarà (o meno) la terapia scelta, la PAS potrà, infatti, evolvere:
- nel senso risolutivo (scomparsa dei sintomi e remissione completa);
- nel senso migliorativo (con sollievo sintomatologico e remissione parziale);
- nel senso di una stabilizzazione (in costanza di gravità della sintomatologia);
- nel senso peggiorativo (aggravamento della patologia, fino allo stato di “morte vivente” – Gardner – della relazione fra genitore alienato e figlio).
L’arma migliore, come per qualunque patologia, risiede però nella prevenzione: nella definizione di nuove regole del gioco.
Un distacco dalla realtà degli affetti genitoriali, che può scatenare la Sindrome di Alienazione Genitoriale quando un genitore arriva a percepire i figli come non-persone: come mezzi, cioè, per acquisire maggior potere nel conflitto, oppure come strumento per dare sfogo e soddisfazione a sentimenti di rabbia e disagio propri della sola “coppia coniugale”. È il passaggio all’atto, il superamento della percezione e la perdita dei confini del sé, l’uso diretto dei figli come arma nel conflitto della “coppia coniugale”, uno dei fattori che può portare all’insorgenza della PAS.
E’ vero che la manipolazione parte da un genitore, ma è anche vero che il bambino assume un ruolo attivo:
per esempio, distrugge davanti agli occhi del genitore manipolatore lettere o pacchi spediti dal genitore rifiutato.
Spesso il bambino sottolinea la sua lealtà verso il genitore manipolatore a tal punto da superare le richieste d’esclusione: “E’ troppo per Mario vedere suo padre più di una volta al mese” diventa: “Non voglio rivedere mio padre mai più!”
Il fatto di non manifestare più sentimenti verso il genitore rifiutato non vuole dire che non li abbia affatto. Il suo amore viene negato per non perdere il genitore manipolatore.
La paura, anche nel bambino, è un fattore importante per la nascita della sindrome. E’ la paura di perdere questo legame che non “può” essere interpretato come amore. Al bambino manca la libertà di amare il genitore rifiutato. In questo modo al bambino vengono tolte le condizioni necessarie per uno sviluppo sano della personalità.
La perdita del secondo legame genitoriale comporta delle limitazioni dello sviluppo della propria identità ed autostima così come della capacità sociale di instaurare/mantenererapporti sociali e delle sue capacità cognitive.
il genitore manipolatore risulta descritto esclusivamente in modo positivo mentre quello rifiutato soltanto in modo negativo, contrariamente a quanto accade normalmente.