L’affido condiviso, una legge inapplicata
La legge 54 dispone l’affido condiviso dei minori in caso di separazione dei genitori, come avviene da tempo in altri paesi. L’introduzione della norma ha modificato le decisioni dei magistrati? I risultati di uno studio condotto su circa 900mila sentenze dei 165 tribunali civili dal 2000 al 2010.
LA LEGGE 54 DEL 2006
La legge sull’affido condiviso dispone che “anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con i parenti di ciascun ramo genitoriale” (articolo 1). Rispetto alla prassi prevalente – minori affidati alle madri nella stragrande maggioranza dei casi; padri relegati a ruoli marginali nei processi educativi e di crescita dei figli – la legge rappresentava, alla sua entrata in vigore, una dichiarazione di straordinario contenuto innovativo.
Per realizzare l’obiettivo sancito dall’articolo 1, la legge contiene una lunga serie di disposizioni. Alcune sono a carattere maggiormente prescrittivo: qui la discrezionalità dei magistrati è limitata. È il caso, ad esempio, dell’assegnazione formale dell’affidamento condiviso, che il giudice è tenuto a effettuare in via prioritaria rispetto all’affidamento esclusivo.
Altre disposizioni stabiliscono dei principi, lasciando però ai giudici il potere di tradurli in sentenze. L’esempio principale riguarda i tempi e le modalità concrete delle presenza dei minori presso ciascun genitore. Un altro esempio è quello del mantenimento dei figli, per cui si contempla la possibilità del supporto diretto per capitoli di spesa, lasciando allo stesso tempo al giudice il potere di decidere la corresponsione di un assegno mensile, che non prevede obblighi di rendicontazione, di una parte a favore dell’altra. (1) Un altro esempio ancora è quello dell’attribuzione della casa coniugale, che nel vecchio regime seguiva abbastanza automaticamente l’affidamento dei minori alle madri, e che le nuove regole subordinano invece all’obiettivo della salvaguardia del rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori. (2)
LA LEGGE E LE SENTENZE
Un nostro lavoro recente ha verificato in che misura l’introduzione della legge ha modificato le sentenze dei magistrati. (3) Il lavoro utilizza i dati raccolti per ciascuna causa di separazione dalle Cancellerie dei tribunali, successivamente trasmessi all’Istat. La nostra base dati si compone di poco meno di 900mila sentenze, cioè la totalità di quelle emesse dai tribunali italiani dal 2000 al 2010.
Alcuni risultati dello studio sono riepilogati nella tavola 1. Nella prima colonna sono descritte alcune variabili che misurano aspetti su cui la legge intendeva promuovere un cambiamento. Nella seconda si riporta il tipo di cambiamento auspicato dalla norma. Nella terza viene indicato quello che emerge dalle decisioni dei giudici.
Dalla tavola si evince che l’assegnazione formale dell’affido condiviso ha trovato effettiva applicazione. Per gli altri aspetti, quelli per cui la legge lascia discrezionalità ai magistrati, è come se la legge non fosse mai stata approvata: la casa coniugale va alle madri, ancor più che prima della riforma; non vi è nessuna evidenza che i magistrati abbiamo accolto le disposizioni che rendevano possibile il mantenimento diretto per capitoli di spesa, a scapito dell’assegno.
Tavola 1. Alcuni effetti della legge 54 sulle sentenze di separazione
Fonte: de Blasio e Vuri (2013)
Purtroppo, tra i dati raccolti dalle cancellerie non vi è l’indicazione di quello che i giudici decidono con riferimento al tempo che i minori possono trascorrere con ciascun genitore. Tuttavia, è difficile immaginare che qualcosa sia cambiato su questo punto, visto che le altre disposizioni della legge che innovavano rispetto al passato non sono state applicate e che le disposizioni non applicate erano comunque intese come strumentali al raggiungimento del rapporto equilibrato del minore con entrambi i genitori. (4)
I nostri risultati mettono in luce anche ulteriori aspetti. Per effetto dell’introduzione della riforma è aumentata la frazione di padri obbligati a versare l’assegno di mantenimento per il coniuge (con una piccola riduzione del suo importo). Si noti che la legge 54 non fornisce disposizioni circa l’assegno di mantenimento del coniuge.
Le decisioni dei magistrati sono state diverse, a seconda che il procedimento sia stato di natura consensuale oppure giudiziale. Nel secondo caso, in cui ancora maggiore è la discrezionalità dei magistrati, le sentenze sono risultate ancora più lontane dai principi della legge 54 (rispetto alle consensuali, nelle giudiziali è più elevata la probabilità che alla madre venga assegnato l’affidamento esclusivo e la casa coniugale; è più probabile che i padri siano tenuti alla corresponsione di un assegno sia per i minori sia per il coniuge; è più elevato l’ammontare degli assegni).
Stabilendo i costi e i benefici che derivano dalla separazione, le sentenze modificano gli incentivi dei genitori a separarsi. Per effetto dell’introduzione della legge 54 e del tipo di applicazione che la magistratura ne ha fornito, è aumentata la frazione di donne che decide di separarsi, avviando a tal fine un procedimento legale.
È infine aumentata la litigiosità (misurata attraverso la frazione di procedimenti non consensuali) ed è anche aumentata l’inefficienza degli uffici giudiziari (misurata col tempo che un magistrato impiega dal giorno in cui il procedimento viene avviato a quando la sentenza viene emessa).
In definitiva, il quadro che emerge è quello di sentenze molto lontane dai principi della legge.
A questa situazione è possibile che si accompagnino costi di tipo sociale anche ulteriori rispetto a quelli che si possono documentare con i nostri dati. Ad esempio, la maggiore discrezionalità lasciata ai giudici con riferimento ai tempi è molto probabile che abbia dato luogo a un maggiore ricorso da parte dei magistrati a consulenze di tipo psicologico, che avvengono spesso con modalità ed esiti discutibili. È altresì verosimile che all’incremento della litigiosità concorrano condotte professionali deontologicamente riprovevoli, che la legge 54 potrebbe aver incentivato nella misura in cui ha conferito maggiore discrezionalità ai giudici, rendendo meno prevedibili le sentenze.
La letteratura, non solo economica, ha mostrato che, nei paesi in cui la disciplina viene attuata, l’affido condiviso garantisce una lunga serie di benefici.
In primo luogo, i benefici sono per i minori, per i quali si riducono i costi emotivi relativi alla dissoluzione del loro nucleo familiare e che ottengono migliori risultati scolastici. (5) Ma se ne avvantaggiano anche i loro genitori e la società nel suo complesso: aumentano infatti gli indici di nuzialità e quelli di natalità e la partecipazione femminile al mercato del lavoro. (6)La non applicazione della legge in Italia comporta che questi benefici non si materializzeranno.
CAUSE E RIMEDI
Il nostro studio non consente di decifrare con certezza le cause della mancata applicazione della legge 54. O meglio, consente di scartare un’ipotesi: quella per cui la sua non applicazione riflette null’altro che la documentata inefficienza degli uffici giudiziari italiani.(7) I nostri risultati sono compatibili con l’esistenza di una discriminazione di genere (a sfavore dei padri) nelle decisioni che riguardano l’affidamento dei minori. (8) Non possiamo tuttavia provarla, perché i dati non riportano il genere del magistrato. L’aneddotica conduce a ritenere che il numero di magistrati-donna rappresenti la maggioranza di quelli che si occupano di separazioni e minori, e questo potrebbe essere un elemento a favore dell’esistenza di una discriminazione di genere.
Per quanto riguarda i rimedi, la nostra analisi mostra che la discrezionalità lasciata ai magistrati ha generato un danno. Potrebbe essere opportuna, allora, una riformulazione della legge che la limiti, stabilendo, ad esempio, linee guida per tempi di frequentazione e supporto finanziario dei minori. Laddove la ricerca successiva dovesse mostrare che effettivamente esiste una discriminazione di genere, l’ovvia ricetta consisterebbe nell’avere una composizione dei giudici più equilibrata per genere: in questo caso, potrebbe anche non essere necessario sacrificare la discrezionalità per ottenere sentenze in linea con la legge.
* Le idee e le opinioni contenute in questo articolo riflettono esclusivamente quelle degli autori e non sono in alcun modo riferibili alle Istituzioni a cui gli stessi appartengono.
(1) Si veda Maglietta (2006) L’affidamento condiviso dei figli, Franco Angeli, Milano. Il mantenimento diretto per capitoli di spesa ha notevoli vantaggi rispetto all’assegno mensile, che può comportare inefficienze e rendite parassitarie.
(2) Si veda Gaglione e Malfettani (2008) L’affido condiviso, Esselibri – Simone, Napoli.
(3) Guido de Blasio e Daniela Vuri, “Joint Custody in the Italian Courts”, IZA DP n. 7472,http://ftp.iza.org/dp7472.pdf.
(4) Nel nostro lavoro si mostra, in termini quantitativi e attraverso metodologie rigorose, quello che l’opinione pubblica italiana già immagina, anche se solo sulla base di evidenze aneddotiche. Si veda, ad esempio, http://italia.panorama.it/Separazioni-e-affido-padri-scippati oppure http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/affido-condiviso-purtroppo-teoria.aspx.
(5) Si veda, rispettivamente, Bauserman R. (2002) “Child Adjustment in Joint-Custody Versus Sole-Custody Arrangements: A Meta-Analytic Review”, Journal of Family Psychology, e Teng Wah L. (2009) “From Maternal Preference to Joint Custody: The Impact of Changes in Custody Law on Child Educational Attainment”, Mimeo, St. Francis Xavier University.
(6) Sui benefici per i genitori si veda ad esempio, Nunley J.M. and Seals A. (2011) “Child-Custody Reform, Marital Investment in Children, and the Labor Supply of Married Mothers”,Labour Economics, e Allen B., Nunley J.M., and Seals, A. (2011) “The Effect of Joint-Child-Custody Legislation on the Child-Support Receipt of Single Mothers”, Journal of Family and Economic Issues. Quanto ai vantaggi per la società in generale, i riferimenti sono: Brinig, M. F. and Buckley F.H. (1998), “Joint Custody: Bonding and Monitoring Theories”, Indiana Law Journal; Halla M. (2013) “The Effect of Joint Custody on Family Outcomes”, Journal of the European Economic Association; Halla M. and Höltz C. (2007) “Bargaining at Divorce: The Allocation of Custody”, IZA DP 7064; Böheim R., Francesconi M., and Halla M. (2012) “Does custody law affect family behavior in and out of marriage?”, IZA DP 7064.
(7) Si veda, ad esempio, World Bank (2012) “Doing Business. Smarter Regulations for Small and Medium Sized Enterprises”, Washington D.C.
(8) Tra i motivi che hanno determinato il ritardo della legislazione italiana rispetto a quella di altri paesi, Maglietta (op. cit., p. 21) richiama esplicitamente l’“arcaica e autolesionistica concezione della donna come parte debole che trova nel privilegio dell’affidamento ‘esclusivo’ dei figli una forma di tutela da tenere stretta”. Per l’Austria vi è evidenza che i giudici di genere femminile siano meno propensi all’affidamento condiviso (si veda, Halla M. and Höltz C., 2007, “Bargaining at Divorce: The Allocation of Custody”, IZA DP 7064.
Fonte: http://www.lavoce.info/