L’Italia arranca nell’esecuzione delle sentenze della CEDU.
Enorme l’arretrato di casi italiani dinanzi al Comitato dei Ministri
E’ l’Italia in vetta alla classifica per il numero di casi pendenti all’esame del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa. Sono 2.396 le situazioni ancora sotto osservazione dinanzi all’organo incaricato di supervisionare l’esecuzione delle sentenze di condanna pronunciate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Nel 2013 i casi pendenti targati Italia erano stati 2.393. L’Italia nel 2014 stacca tutti gli altri Stati con 26 leading cases e 2.370 casi ripetitivi, sottoposti a sorveglianza rafforzata. La Russia si ferma a 1.006 e l’Ucraina a 823. E’ quanto risulta dal rapporto annuale sull’esecuzione delle sentenze della Corte adottato ieri dal Comitato dei Ministri con riferimento all’attività nel 2014 (CM_annreport2014_en). In via generale, il Comitato segnala un miglioramento vista la diminuzione delle sentenze in attesa di esecuzione e questo grazie al nuovo metodo di lavoro introdotto nel 2011. Malgrado le riforme avviate da alcuni Stati continuano, però, i ricorsi seriali. Non solo. Gli Stati – segnala il Comitato dei Ministri – non sempre forniscono informazioni sull’esecuzione delle sentenze che, ad esempio, mancano nei confronti di 1.141 casi malgrado siano trascorsi più di sei mesi dal termine fissato per l’esecuzione delle pronunce. Sono aumentati i casi chiusi: 208 nel 2014 a fronte dei 183 nel 2013. Le vicende più preoccupanti sottoposte alla sorveglianza rafforzata riguardano gli interventi delle forze di sicurezza (20%), la condizione dei detenuti (14%) e la durata dei processi (11%). E’ la Russia ad avere il numero maggiore di casi si supervisione rafforzata (16%), seguita dall’Ucraina (13%) e da Italia, Turchia, Bulgaria e Moldova (8%).
Sul fronte dei pagamenti degli equi indennizzi decisi dalla Corte, l’Italia ha pagato in tempo solo in 11 casi (32 nel 2013), con 21 casi in attesa di pagamento da oltre 5 anni. La durata media per la chiusura dei casi italiani nei leading cases è di 5,2 anni a fronte dei 3,6 anni della Germania e dei 2 della Grecia.
Per quanto riguarda gli indennizzi, l’Italia è al terzo posto per gli importi versati a titolo di equa soddisfazione alla parte lesa. Nel 2014 ha corrisposto 29.540.589 euro contro i 71.284.302 del 2013, ma nella classifica generale la situazione migliora poco. L’Italia, infatti, segue solo alla Russia che ha versato quasi due miliardi di euro e alla Turchia a quota 99.849.159.
Tra le pronunce in attesa di esecuzione, divenute definitive nel 2014, la questione della violazione del ne bis in idem accertata nella sentenza Grande Stevens e la vicenda della trasmissione del cognome materno che è costata una condanna all’Italia nella pronuncia Cusan e Fazzo. Nota positiva per il problema del sovraffollamento carcerario con una soluzione che ha portato la Corte europea a dichiarare irricevibili numerosi ricorsi.
Fonte: marinacastellaneta.it/