Maschi contro femmine…o alla pari?
Ogni volta che si parla di pari opportunità si parla delle donne. Le donne a lavoro, le donne a casa, la donna mamma, la donna manager, la donna moglie. In realtà si parla di “opportunità”, spesso ci si dimentica del “pari”. Alla pari di chi? Appare lampante che si debba necessariamente parlare anche del metro di paragone cui si allude, ovvero la condizione dell’uomo. La questione è: ogni essere umano deve potere avere opportunità pari a quelle di ogni altro essere umano. I soliti mezzucci e palliativi che ad un’analisi superficiale potrebbero sembrare le misure correttive adatte, in realtà non lo sono. Uno fra tutti le famose quote rosa che tutto sono fuorché lo stimolo giusto per la partecipazione femminile. Un aggrapparsi artificioso e male direzionato al diritto di parità che viene puntualmente strumentalizzato ad hoc. Inutile negarlo, le quote rosa sono diventate ad oggi solo la corsa affannosa alla ricerca di nomi femminili da aggiungere qua e là dove la normativa lo impone, un peso più che un’opportunità, un peso pari sia per gli uomini, cacciatori di quote rosa, che per le donne, martiri di quote rosa. Poi non si capisce quale sarebbe il principio di parità che sta dietro le quote rosa: avvantaggiare le donne solo in quanto donne? Creare un artificiale spazio per le donne che in realtà non esiste?
Non è questa la soluzione e non è questo che vogliono né le donne né tanto meno gli uomini. A nessuno, sia esso uomo o donna, piace essere premiato non per propri meriti o essere penalizzato non per proprie colpe. E’ qui che si deve agire.
Si dice spesso, ed è così, che le donne nel mondo del lavoro o in politica, e soprattutto nei ruoli di rilievo, sono poche, troppo poche, si registrano percentuali addirittura a una cifra. Beh, le quote rosa non hanno nemmeno funzionato si direbbe! E allora ci si arrovella su leggi e leggine che possano aiutare la donna a conciliare il suo ruolo di lavoratrice con quello di casalinga, madre, moglie, badante, figlia, ecc… Ne consegue che, soprattutto in periodi di crisi, assumere una donna per un’azienda diventa una infinita scocciatura, “donna” diventa sinonimo di “perdita di soldi e risorse”. Bell’aiuto per la donna! Non c’è che dire.
Tutto questo proprio perché si vorrebbe agire sulla condizione della donna senza guardare e agire sulla condizione dell’uomo. Ma nel 2012 possiamo pensare che solo la figura della donna si sia evoluta? Non si è conseguentemente evoluta anche quella dell’uomo? La società, il mondo del lavoro, la politica, si devono adattare ad entrambi i cambiamenti.
L’uomo viene mai visto oltre che nella sua principale veste di lavoratore? Si parla mai delle difficoltà dell’uomo nel conciliare i suoi diversi ruoli di lavoratore, padre, marito, figlio, massaio? Anzi, ma gli è stato mai permesso di conciliare questi ruoli?
Eppure si parla tanto di padri assenti, aumento dei divorzi, figli disinteressati, ecc… Il fatto che in una famiglia entrambi i genitori lavorino siamo riusciti a farlo diventare da grande traguardo un enorme problema, la causa dei mali più assurdi. Ma il problema è sempre lo stesso, l’uomo e la donna non hanno pari opportunità, questo squilibrio genera ulteriori squilibri che non fanno altro che penalizzare entrambe le figure nei diversi frangenti della loro vita.
Ad esempio, perché alla donna spetta la maternità? Provvedimento sacrosanto, ci mancherebbe. La domanda effettivamente in realtà è: perché all’uomo non spetta la paternità?
Avere un figlio non è un problema, e soprattutto non riguarda solo la donna. Perché l’uomo non deve potere godere della “paternità” allo stesso modo? Il figlio è solo della compagna e solo a lei spetta il diritto? O peggio, il diritto è solo della donna per “motivi tecnici” di natura?
In Italia questo diritto, manco a dirlo, non esiste, la “paternità” italiana è un surrogato, spetta solo se la madre non usufruisce della sua maternità. Di recente il, sempre al passo coi tempi, ministro Fornero (donna, ahimè) promuove un’iniziativa lodevole: al padre spettano obbligatoriamente 3 giorni di congedo per la nascita del figlio. Tre giorni signori, altro che opportunità pari.
In Norvegia invece, tanto per citare uno dei Paesi “paternizzati”, uomo e donna godono di trattamenti simili con tutti i benefici che è lecito immaginarsi: equa distribuzione delle responsabilità e dei compiti tra uomo e donna, doppio del tempo dedicato al figlio, aumento dell’afflusso di donne nel mondo del lavoro, ecc… Ecco spiegata l’impennata del tasso di natalità norvegese e i tanti giovani padri che si vedono in giro col passeggino nei parchi, scene tipiche dei Paesi scandinavi.
(tratto da “I congedi di paternità, un confronto in Europa” – Isfol Working Paper)
Nemmeno a dirlo i datori di lavoro, da questo punto di vista, avrebbero meno timori nel dovere assumere una donna, perché anche con un uomo saprebbero di andare incontro a “grane” pari. Sembra proprio un caso di pari opportunità.
Questo esempio è servito tanto per dire che sono di questo tipo gli interventi a cui si dovrebbe pensare quando ci si interroga sulle pari opportunità. L’evoluzione della figura femminile non ha ripercussioni solo su se stessa ma su tutto il resto della società, sulla figura dell’uomo in primis. L’uomo oramai non è più il patriarca della famiglia o colui che porta il pane a casa, proprio così come la donna che non è più solo casalinga e “angelo del focolare”. Eppure non crediamo che questa evoluzione sia stata già metabolizzata, quanti uomini provano ancora un po’ di disagio nel dire, ad esempio, che hanno deciso ben volentieri di rinunciare alla carriera per badare ai figli e alla casa ed è la donna della famiglia invece a lavorare e guadagnare il pane? E ce ne sono casi del genere oramai. Eppure spesso sono oggetto di scherno, come se questo rendesse l’uomo meno virile o come se fosse la donna ad essersi mascolinizzata. Sono solo retaggi di consuetudini passate, e non stiamo dicendo che il futuro è l’inversione dei ruoli tra uomo e donna, assolutamente no, ma è la compensazione e il ribilanciamento che seguono ogni evoluzione. Le opportunità pari sono il futuro. Gli uomini non hanno niente da regalare alle donne e queste ultime non sono tenute a fare nessuna pesante rinuncia nel vivere a pieno la propria vita, entrambi devono potere usufruire delle stesse possibilità con strumenti appositi che possano assicurare questa parità e dove il merito, scevro da qualsiasi altro parametro, possa essere il solo criterio di successo.
La figura dell’uomo e della donna hanno il forte bisogno di essere ambedue rivalorizzate e riconnotate, singolarmente ma soprattutto nel loro insieme, troppo spesso le vediamo invece contrapposte quasi fossero antagonisti ai due lati della barricata, ma se ci fermiamo solo un attimo a riflettere ci accorgiamo che in verità per millenni sono stati i veri compagni di vita.
Fonte :http://www.beppegrillo.it/cgi-bin/mt-4/mt-search.cgi?blog_id=242&tag=paternit%C3%A0&limit=20
di Giulia Di Vita