MEDIAZIONE FAMILIARE: LE DUE FACCE DELLA MEDAGLIA
Di mediazione si è cominciato a parlare più concretamente e diffusamente solo dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n.28 del 04.03.10 sulla mediazione civile, pubblicato in G.U. n.53 del 05.03.10. e che troverà piena applicazione il prossimo 05.03.11.
Ebbene il procedimento di mediazione diverrà obbligatorio e condizione di procedibilità della domanda giudiziaria, ex art.5, nelle seguenti materie: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, responsabilità medica, diffamazione a mezzo stampa o altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi bancari e finanziari.
Invero, se il D.Lgs. n.28/10 generalizza il sistema della mediazione, a parere di molta parte della classe forense, anche in spregio al diritto di cui all’art.24 Cost., vi è da dire che l’istituto in parola non è nuovo nel nostro ordinamento. Viene infatti introdotto già nel 2006, anche se in misura limitata rispetto alla riforma di cui al sopra menzionato D.Lgs. e a ricorso sicuramente facoltativo. Si tratta della mediazione familiare, che ha visto il suo ingresso nel nostro ordinamento con l’entrata in vigore della Legge n.54/2006 sull’Affido Condiviso.
La riforma del 2006 riscrive l’art.155 c.c.. Il nuovo testo così recita: “anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. … (il giudice) Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati …”.
La riforma inoltre, dopo l’articolo 155 c.c., inserisce, tra gli altri, i seguenti articoli:
“art. 155-bis. – (Affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso) – Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore…”.
“art. 155-sexies. – (Poteri del giudice e ascolto del minore) – … Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli”.
Ebbene, dalla lettura della normativa risulta chiaro come, più di prima, il Giudice deve tendere il più possibile a garantire la bigenitorialità e l’interesse dei figli a mantenere i rapporti con entrambi i genitori.
Della mediazione familiare parla la Dott.ssa Romina Pacitto, Mediatore Familiare con Studio in Via Colle Pallone Nuovo n.1 di Zagarolo (RM), la quale dice:
“La Mediazione Familiare nel nostro paese non è obbligatoria ma sull’intero territorio nazionale l’Associazione Nazionale Mediatori Familiari promuove e diffonde la cultura della mediazione come strumento nelle mani della coppia, in quanto offre ai partner un tempo, un luogo, un interlocutore qualificato che li aiuta a gestire la conflittualità, ad affrontare la trasformazione dei legami familiari, a riappropriarsi della propria genitorialità, collaborando insieme nella crescita, nella cura e nell’educazione dei figli.
L’Associazione Nazionale Mediatori Familiari in collaborazione con gli stessi soci mediatori, ha aderito alla Giornata Nazionale della Mediazioni Familiare del 21/10/2010, iniziativa promossa dall’Association for Conflict Resolution e dal World Mediaton Forum, in quanto ritiene che per una reale attuazione dell’Affidamento Condiviso sia necessario sollecitare in modo esplicito una prassi che renda operativo il pensiero non solo sul cittadino ma anche sulla persona, responsabilizzando sulla propria e l’altrui capacità di rendere possibile un reale cambiamento.
Superare la logica del piano antagonistico vincente-perdente, gestire le dinamiche familiari, riaprire un dialogo costruttivo, recuperare le risorse di ciascuno, promuovere un processo in divenire, realizzare un accordo negoziato dalle parti che risponda agli interessi dei partner ma soprattutto dei figli, di fatto la Mediazione Familiare: favorisce, sostiene, valorizza la bigenitorialità. La norma sull’affido condiviso va vista alla luce delle direttive internazionali ed europee che forniscono la giusta chiave di lettura nell’interpretare una materia così delicata come la gestione dei conflitti coniugali e genitoriali, “nell’interesse dell’inviolabile diritto dei figli di mantenere una relazione stabile con i propri familiari…..dal momento che separazione/divorzio coinvolge tutti i membri del nucleo familiare, specialmente i figli, occorre sostenere e potenziare la mediazione attraverso l’opera di un terzo neutro, il Mediatore Familiare che guidi le parti in un percorso di mediazione, con l’obiettivo di rendere gli individui coinvolti protagonisti consapevoli della futura riorganizzazione dei legami familiari, negoziando in prima persona accordi soddisfacenti per sé e soprattutto per i figli”. La mediazione di un esperto professionista servirà a trovare un percorso con meno ostacoli ed a tentare la conciliazione per costruire un accordo di separazione condiviso da entrambi. Tale passaggio deve essere visto come opportunità rivolta alle coppie che hanno deciso di porre fine al legame coniugale. In mediazione il lavoro principale lo fanno i partner, quando ciascuno impara a negoziare con l’altro quell’aspetto in comune che ancora li tiene uniti, cioè i figli. L’esigenza della Mediazione Familiare nasce dalla necessità di salvaguardare il naturale rapporto primario tra genitori e figli secondo un’ottica entro la quale le relazioni familiari si compongono con un accordo direttamente negoziato dalle parti. Il Mediatore Familiare nel tendere la mano avvia ad una separazione consapevole restituendo la propria storia alle persone che incontra, orientandoli al futuro.
Ma la coppia è libera di usufruire della mediazione anche per la risoluzione dei conflitti coniugali e non c’è dubbio che quando mancano le risorse per farcela da soli, quando si è in difficoltà nel dialogo, quando il malessere dei figli diventa una conseguenza della conflittualità genitoriale, la Mediazione Familiare sia la soluzione migliore”.
Se quanto sopra illustrato è lo spirito della norma, sicuramente condivisibile nei suoi aspetti generali, vi è da dire che da oltre quattro anni di applicazione la normativa sull’affido condiviso è rimasta pressoché lettera morta.
In senso formale molti sono i provvedimenti con cui, sulla carta, si riconosce un ruolo analogo ad entrambi i genitori, ma nella pratica l’affido condiviso si è rivelato di difficile, se non impossibile, applicazione, se non fosse altro per la materiale ubicazione dei figli presso un solo genitore e l’assenza fisica dell’altro nello svolgersi della vita quotidiana del nuovo nucleo famigliare che sorge intorno al materiale “collocamento” dei figli.
Da quest’ottica nulla ha potuto modificare la riforma sull’affido condiviso, se non l’enunciazione di principi sacrosanti a tutela dei figli, soprattutto minori, che, a ben guardare, erano tutelati dalla norma anche prima della legge del 2006. Tanto è vero che, pur dove è stato disposto l’affido condiviso, nella pratica nulla o poco è cambiato rispetto al regime previgente e la scelta dell’affido condiviso piuttosto che di quello esclusivo si è tradotto in un’ulteriore strumento di lotta e rivendicazioni economiche tra i coniugi.
Tuttavia un dato va colto, nella concreta ed oggettiva impossibilità di garantire un rapporto paritario dei due coniugi rispetto ai figli, dovuto all’ovvia considerazione che solo uno di essi godrà della prerogativa del collocamento, l’intervento di soggetti terzi che, estranei alle logiche giuridiche ma più vicini per vocazione alle dinamiche affettive e sentimentali che entrano in gioco nell’ambito di una separazione, può essere d’aiuto per calmare gli animi e riportare la dialettica delle parti sulla strada della tutela dell’interesse più importante: quello dei figli, e non solo sulla carta.
Avv. Tania Della Bella
Pubblicato su www.personaedanno.it