MINORI: BRAMBILLA, DURA INTERPELLANZA SULLE CASE-FAMIGLIA
“Alla commissione – spiega la presidente Brambilla – arrivano continuamente segnalazioni e denunce su allontanamenti di minori dalle famiglie, troppo spesso disposti all’esito di analisi frettolose di separazioni conflittuali o di difficoltà economiche familiari, o sulle condizioni igienico-sanitarie di alcune case famiglia o peggio ancora su casi di maltrattamenti ed abusi in quel contesto. E’ tempo di fare chiarezza non soltanto sulle situazioni particolari, delle quali già si occupa la magistratura, ma su tutto un sistema caratterizzato, nel complesso, da poca trasparenza e troppa discrezionalità. Sia chiaro: le residenze protette possono rappresentare una risorsa importante per la tutela del minore in difficoltà, a condizione che la sua permanenza venga gestita, contrariamente a quanto avviene i molti casi, con trasparenza e sulla base di precisi criteri”. L’allontanamento del minore dalla sua famiglia dev’essere realmente l’extrema ratio. “Di per sé – ribadisce con forza la presidente della commissione – le condizioni di indigenza non possono impedire o ostacolare l’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. L’allontanamento è la certificazione di un fallimento dello Stato: invece di aiutare, con risorse o servizi adeguati, la famiglia e il minore che ci vive, la mano pubblica rischia di peggiorare le cose negando a un bambino il diritto di crescere tra i suoi, garantito dalle convenzioni internazionali, e creandogli un trauma probabilmente indelebile. Occorre invece sostenere la genitorialità con programmi di supporto e dare maggiore e migliore ascolto al minore stesso”.
In sostanza gli interpellanti, che appartengono a quasi tutti i gruppi politici, chiedono un censimento finalizzato alla rilevazione esatta delle residenze protette presenti su tutto il territorio; un sistema di rilevazione sistematica dei dati sulla condizione dei bambini fuori famiglia ed un monitoraggio periodico sulle strutture residenziali di accoglienza, istituendo un apposito registro degli affidamenti temporanei; se risultino indagini penali in corso al fine di accertare eventuali negligenze, responsabilità o comportamenti illeciti dei gestori e degli operatori; nuovi e più rigorosi meccanismi di controllo, anche attraverso organismi indipendenti, per garantire la sicurezza e la protezione dei minori nelle comunità; verifiche periodiche sulla sussistenza delle condizioni di idoneità e agibilità dei luoghi adibiti a casa famiglia e dei requisiti di legge; misure tempestive “per rendere trasparente la gestione dei fondi pubblici stanziati per l’ accoglienza dei minori nelle strutture residenziali”; provvedimenti per superare l’attuale frammentazione delle competenze e per una migliore distribuzione delle risorse sul territorio. Soprattutto, i ministri sono chiamati a pronunciarsi sull’opportunità, “nell’ambito di una generale riflessione sullo stato delle politiche sociali e familiari in Italia, di ridefinire i ruoli e le competenze di chi è deputato alla tutela del minore fuori dalla famiglia (il giudice tutelare e gli assistenti sociali in primo luogo) al fine di migliorare le procedure di affidamento familiare e disincentivare la odiosa prassi degli allontanamenti “non giustificati” e i continui “spostamenti” dei minori da una struttura all’altra, nonché di favorire programmi di supporto a sostegno della genitorialità da attivare all’interno della famiglia stessa, incentivando l’ascolto del minore interessato”.
Le case famiglia sono comunità di tipo familiare dove la legge 184/1983 prevede che possa essere temporaneamente inserito il minore, privo di un ambiente idoneo, per garantirgli il mantenimento, l’ educazione, l’ istruzione e le relazioni affettive di cui ha bisogno.Nel nostro Paese, durante la fase pre-affidataria, i bambini o ragazzi “fuori famiglia” (si calcola ve ne siano circa 30 mila) vengono spesso accolti in questo tipo di strutture, con sede in civili abitazioni, per la durata dell’impedimento o del periodo di difficoltà, con l’obiettivo principale di trovare successivamente una collocazione familiare.