Misure effettive e non stereotipate per garantire il rapporto padre-figlio
Nuova condanna all’Italia da Strasburgo per la mancata esecuzione dei provvedimenti che dispongono il diritto di visita al proprio figlio. La Corte europea dei diritti dell’uomo, con sentenza del 17 dicembre 2013 (ricorso n. 51930/10, AFFAIRE NICOLO SANTILLI c. ITALIE) ha accertato la violazione dell’articolo 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare. All’attenzione della Corte il ricorso presentato da un padre che, dopo la separazione dalla moglie, non aveva potuto attuare in modo effettivo il diritto di visita riconosciuto dai tribunali nazionali che avevano affidato il figlio alla madre. Di fatto, a causa degli ostacoli frapposti dalla madre, il padre aveva potuto vedere raramente il figlio. Di qui il ricorso a Strasburgo che ha dato ragione al padre, riconoscendogli anche un indennizzo per i danni non patrimoniali subiti. La Corte europea ha bacchettato i tribunali nazionali competenti che, malgrado i segnali di preoccupazione del padre e dei servizi sociali si sono limitati a prendere nota della situazione a a ordinare alle parti l’esecuzione della pronuncia. Sono mancate del tutto – osserva la Corte – misure pratiche e adeguate che sono tali se adottate rapidamente. E’ vero che nei casi che coinvolgono minori è opportuno non ricorrere a misure coercitive ma sarebbe stato necessario adottare sanzioni nei confronti della madre che non aveva cooperato. I tribunali competenti, invece, si sono limitati a prevedere misure automatiche e stereotipate, lasciando consolidare una situazione di fatto e provocando una violazione della Convenzione europea.