N.11796/14 – Rinuncia al mantenimento valida anche se la donna perde il lavoro
Se un’eredità sopravvenuta al divorzio può determinare un ritocco dell’assegno di mantenimento (v. Cass. . 11797/2014), non è così per la rendita di vecchiaia, percepita dal coniuge beneficiario, soprattutto se di modesta entità. Con questo principio la Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 11796 del 27 maggio 2014, si è espressa ancora una volta in tema di revisione dell’assegno di mantenimento, in una vicenda riguardante il ricorso di un marito che chiedeva la modifica delle condizioni di divorzio in seguito alla percezione da parte dell’ex moglie di una rendita di vecchiaia svizzera, cumulata all’assegno sociale percepito in Italia e in relazione alla errata interpretazione degli accordi di divorzio.
Respinte sia in primo che in secondo grado, le motivazioni dell’uomo venivano rigettate anche dalla Suprema Corte che condivideva, in primo luogo, la ratio decidendi della Corte distrettuale, la quale aveva ritenuto irrilevante il percepimento della rendita svizzera, data l’estrema modestia dell’importo ricevuto.
La Cassazione, ritenendo non dimostrate le censure del ricorrente, sotto gli altri profili, inerenti l’interpretazione della volontà delle parti e di eventuali pattuizioni recepite in sede di divorzio, ha statuito, inoltre, che l’assegno di mantenimento è funzionale al reddito “e quindi soggetto, solo a tali condizioni, a riduzione” e non invece “per effetto della percezione di qualsiasi trattamento pensionistico o assegno sociale a prescindere dal suo ammontare”, respingendo, pertanto, il ricorso e condannando l’ex marito al pagamento delle spese processuali.
Qui di seguito il testo della sentenza:
Corte di Cassazione – VI Civile -ordinanza 27 maggio 2014 n. 11796 – omissis – 1. Il Tribunale di Belluno, con sentenza del 10 febbraio 2012, ha respinto il ricorso di A.S. volto a ottenere la modifica delle condizioni di divorzio in relazione alla percezione, da parte della C., di una rendita di vecchiaia svizzera, sopravvenuta al divorzio e da cumularsi all’assegno sociale percepito in Italia, e in relazione alla pretesa errata interpretazione degli accordi di divorzio. 2. Ha proposto reclamo A.S. 3. La Corte di appello ha respinto il reclamo rilevando che la C. non gode di assegno sociale e che la rendita percepita in Svizzera è di modestissima entità (596 euro annui) . 4. Propone ricorso per cassazione A.S. Resiste con controricorso F.C. Ritenuto che 5. Il ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia errato nel ritenere che la rendita di vecchiaia percepita in Svizzera dalla C. non abbia la natura di pensione e d’altra parte ritiene viziata la motivazione che non ha preso in considerazione: a) gli accordi intervenuti in sede di divorzio che obbligavano il S. a versare l’assegno di mantenimento sino alla età (64 anni) che avrebbe legittimato la C. a percepire un trattamento pensionistico dall’INPS, b) l’atteggiamento di inerzia che aveva impedito alla C. di percepire il trattamento pensionistico al raggiungimento dell’età prevista negli accordi, c) l’inutilità del versamento dell’assegno che andava a diminuire automaticamente l’importo dell’assegno sociale. 6. Il ricorso appare inammissibile sotto vari profili.
In primo luogo non coglie la ratio decidendi, che ha portato la Corte distrettuale a non ritenere rilevante la nuova circostanza del percepimento in Svizzera della rendita di vecchiaia, e cioè l’estrema modestia dell’importo ricevuto. Sotto gli altri profili il ricorrente deduce circostanze contraddittorie e che palesano il difetto di autosufficienza del ricorso dato che non emerge in nessun modo in che fase del, giudizio il S. avrebbe prospettato e dimostrato: a) una pattuizione, recepita in sede giudiziaria, che prevedeva la cessazione dell’obbligo al mantenimento all’esito dell’ottenimento in Italia del trattamento pensionistico; b) un comportamento ascrivibile alla C. tale da comportare la perdita del suo diritto alle prestazioni previdenziali da parte dell’INPS; c) l’incidenza negativa dell’assegno di mantenimento sull’assegno sociale; d) il percepimento di una somma maggiore di quella ritenuta provata dai giudici di merito come rendita di vecchiaia corrisposta dalla Confederazione Elvetica.
7. Sussistono pertanto i presupposti – per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l’impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto del ricorso. Lette le memorie difensive depositate dalle parti. La Corte condivide tale relazione e rileva che, anche a ritenere pertinente l’impugnazione sotto il profilo della ratio decidendi oggetto di contestazione ossia la mancata verificazione dei presupposti previsti per la riduzione dell’assegno deve ritenersi altresì che la valutazione della Corte di appello resiste alle censure del ricorrente sia sotto il profilo del difetto di motivazione che sotto il profilo della interpretazione della volontà delle parti recepita in sede di divorzio e consistente nell’attribuzione alla C. di un assegno funzionale al mantenimento del reddito e quindi soggetto, solo a tali condizioni, a riduzione e non invece, come continua a ritenere il ricorrente, per effetto della percezione di qualsiasi trattamento pensionistico o assegno sociale a prescindere dal suo ammontare; ritenuto che pertanto il ricorso va respinto con condanna alle spese del giudizio di cassazione. Sussistono i presupposti, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo del contributo dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della C. delle spese del giudizio di cassazione liquidate in 3.200 euro di cui 200 per spese. Sussistono i presupposti, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo del contributo dovuto. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.
Fonte: www.StudioCataldi.it