N.15148/22 – Va risarcito un figlio che cresce senza padre per decisione delle istituzioni? di Marino Maglietta
Danni da deprivazione genitoriale
L’ordinanza di Cassazione 15148/2022 affronta, in sostanza, la storia abbastanza comune di un disconoscimento di paternità nei confronti di un figlio nato da una relazione non coniugale, con successivo riconoscimento per via giudiziale e relativi obblighi di mantenimento non rispettati. Quel padre, inoltre, si astiene da qualsiasi contatto con il figlio, la cui madre agisce in primo e secondo grado per ottenere sia il rimborso del denaro da lei anticipato per coprire anche gli oneri che sarebbero spettati al padre, sia il risarcimento del danno non patrimoniale subito dal figlio e da lei stessa. La Corte di Appello nega quest’ultima richiesta e accoglie le altre, quantificando complessivamente la condanna in oltre 230.000,00 euro.
La richiesta di prova del danno e le ragioni della decisione
Sorprendentemente, il padre non contesta sotto alcun aspetto lo svolgimento dei fatti (ad esempio invocando saltuarie occasioni di incontro con il figlio), ma principalmente contesta la mancanza di prove che effettivamente la sua condotta avesse provocato danni di natura non patrimoniale nonché la mancanza della enunciazione e applicazione di criteri affidabili per la quantificazione degli stessi.
La Suprema Corte condivisibilmente respinge in toto il reclamo paterno, come infondato, anzitutto richiamando e facendo proprie le considerazioni del giudice di Appello sugli obblighi di cura che incombono individualmente su ciascuno dei genitori, anche ove l’altro possa provvedere per entrambi e lo abbia fatto. Insiste quindi la Corte nel giustificare la retroattività del provvedimento, precisando che l’obbligo di mantenere, istruire ed educare il figlio nasce dalla procreazione e quindi dal momento della nascita anche in assenza di riconoscimento di paternità naturale, che sia avvenuto successivamente.
Alla violazione complessiva degli obblighi derivanti dalla procreazione la Suprema Corte associa una sanzione di duplice natura, patrimoniale e non. Ovvero la Corte riconosce nel venir meno da parte del padre ai doveri genitoriali un comportamento che configura un illecito endofamiliare, che non può limitarsi necessariamente al solo aspetto materiale, dovendosi considerare anche la lesione di diritti inviolabili della persona, costituzionalmente garantiti ai sensi degli articoli 2 e 30 della Costituzione, da risarcire ai sensi dell’articolo 2059 c.c.
Rilevanza delle valutazioni della Cassazione
Fin qui, dunque, la Corte di cassazione ribadisce principi già espressi, per cui sembrerebbe non presentare elementi di novità. Questa, per altro, può essere considerata solo una prima impressione, legata a ciò che si dice esplicitamente, che tuttavia si presta a porre interrogativi di portata ben più ampia, che si muovono su un terreno ancora da dissodare.
Il rilievo che viene dato all’essenzialità della funzione genitoriale, e l’assoluta gravità della mancanza di questa, nonché il richiamare gli articoli 2 e 30 della Costituzione sostenendone la violazione, sollecita immediatamente e istintivamente il commentatore a domandarsi se esistono altre fattispecie analoghe e come vengono gestite. Nonché se in circostanze sotto vari aspetti assimilabili il sistema legale reagisca con il medesimo vigore; per non dire con la medesima indignazione.
Pure, la fattispecie è identica. Con l’aggravante che quasi sempre quei provvedimenti non sono conseguenza di un’analisi puntuale della fattispecie ma derivano, copia e incolla, dall’applicazione di protocolli e prestampati che rappresentano l’orientamento costante delle corti territoriali. Ciò vuol dire che non si tratta di sviste occasionali, ma di interpretazioni e applicazioni sistematiche.
Siamo agli antipodi dei concetti espressi dalla Suprema Corte nell’ordinanza 15148/2022. Può essere un motivo di riflessione? Meglio ancora, di intervento?