N.17183/20 – Dopo gli studi è obbligatorio trovarsi un lavoro (qualsiasi)
L’infanzia non dura in eterno e cos pure la condizione di figli mantenuti dai genitori. La Cassazione ha stabilito con la sentenza 17183 che, finiti gli studi (siano quelli dell’obbligo o la laurea specialistica), un figlio ha il dovere di rendersi autonomo dai propri genitori e cercarsi un’occupazione in grado di mantenerlo. Insomma, se i sogni non si realizzano, bisogna comunque darsi da fare perch, dice la Cassazione, un figlio non pu pretendere che a qualsiasi lavoro si adatti soltanto, in vece sua, il genitore.
Addio bamboccioni?
Addio bamboccioni, dunque, anche per sentenza? Come ha perfettamente spiegato Lilli Gruber nell’ultimo numero di Sette in edicola, il concetto di famiglia in Italia rimasto immutato per secoli. Da noi, a differenza di ci che avviene nei Paesi del Nord Europa, sempre apparsa normale la famiglia numerosa, quella dei nostri nonni o bisnonni, con i figli che sposati restavano spesso sotto lo stesso tetto dei loro genitori. Ma il mondo cambiato e anche l’Italia. Il mercato del lavoro chiede una capacita di spostamento, iniziativa e autonomia che la civilt contadina non prevedeva. Sempre su Sette, la conduttrice di Otto e mezzo ha ricordato come le statistiche del 2018 ci dicano che l’Italia tra le quattro nazioni della Ue con il pi alto tasso di giovani adulti (tra i 18 e i 34 anni) che vivono ancora con i genitori. Sono, cio, circa il 50%, mentre la media europea al 28%. E, badate bene, dato non indifferente: sono pi i maschi (56%) delle femmine a rimanere attaccati alla gonna di mamma.
Tra contratti precari e stipendi al limite della sussistenza
Nessuno nasconde il fatto che per i giovani di oggi uscire di casa molto pi difficile di un tempo: tra contratti precari e stipendi al limite della sussistenza, il sogno di una casa di proprietà, cose raggiungibile per i loro genitori, ora diventato per molti una chimera. Per, la Cassazione ci ricorda che l’Italia ha bisogno di una rivoluzione anche all’interno delle mura domestiche. Deve passare, ciò, da un’ottica di assistenzialismo a quella di una diffusa auto responsabilità. Il tribunale di ultima istanza ha così respinto il ricorso di una donna che contestava la decisione della Corte d’appello di revocare l’assegnazione della casa coniugale e l’assegno che l’ex marito aveva versato per anni al figlio, un ragazzo di circa 30 anni di professione insegnante di musica (precario) e che guadagnava circa 20 mila euro all’anno come supplente. Secondo i giudici, spettava al ragazzo (o dovremmo finalmente dire uomo?) ridurre le proprie ambizioni adolescenziali: bello e fondamentale poter seguire le proprie aspirazioni, studiare ci che si ama, ma a un certo punto si deve anche fare i conti con la realt pratica e poter pagare le bollette.
Il diritto del genitore di farsi ridare i soldi
Secondo la Cassazione, dunque, la maggiore et si associa alla capacità di adattarsi a svolgere un lavoro che renda autonomi. E se i tempi si allungano con la laurea, magari andando un po’ fuori corso, il tribunale ha voluto esplicitamente menzionare il divieto di “abuso di diritto”: insomma i figli non possono approfittarne, magari in pure mala fede. Ma già in un’altra sentenza, la numero 3659 del febbraio scorso, la Cassazione aveva chiarito: un genitore che abbia versato all’ex coniuge l’assegno di mantenimento per i figli, dopo che questi hanno conseguito l’autosufficienza economica, ha diritto alla restituzione di quanto pagato. Attenti dunque, perché il rischio poi non solo quello di perdere l’assegno di papà, ma anche di doverlo lautamente rimborsare.
Fonte:https://laveritaeradigitale.it/