E’ un consiglio che ogni buon avvocato esperto di diritto di famiglia dovrebbe dare ai propri clienti: non abbandonare mai la casa coniugale, prima di un provvedimento del Giudice, che lo dispensi dal dovere di coabitazione. Spesso tale consiglio viene disatteso, con conseguenze drammatiche e disastrose. L’abbandono del tetto coniugale, infatti, non soltanto è un illecito penalmente rilevante (ai sensi dell’art.570 cod.pen.) pur con molte limitazioni, tanto che il reato è configurabile soltanto se la condotta è priva di giusta causa, e se si configura come un inadempimento degli obblighi della assistenza familiare (come stabilito dalla Cass.Pen.12310 del 02 aprile 2012, circostanza che ne limita, di molto, la portata), ma ha delle importanti e rilevanti conseguenze civili, dal momento che al soggetto che viola i doveri nascenti dal matrimonio (fedeltà, mantenimento morale, mantenimento morale e coabitazione, come stabiliti dall’art.143 cod.civ.) può essere addebitata la separazione, ai sensi dell’art.151 cod.civ.
Ulteriore conseguenza che l’avere abbandonato la casa coniugale comporta è anche che il genitore che ha “lasciato” la famiglia, perde il diritto di chiedere di essere il genitore collocatario dei figli minorenni, dal momento che, ai fini dell’accoglimento di tale richiesta “è necessario che la convivenza ci sia, nella casa, al momento della separazione”.
Lo stabilisce la sentenza della Corte di Cassazione, n.4537, del 26 febbraio 2014, analizzando il caso di una madre che, in sede di separazione giudiziale, aveva chiesto che i figli minorenni venissero collocati presso di lei e, di conseguenza, che le venisse assegnata l’abitazione coniugale, pur non abitando presso la ex casa familiare, al momento della separazione .
La Cassazione, quindi, al fine di non dare seguito alla contraddizione che tale madre stava perpetrando, ovverosia, da un lato, il fatto di chiedere di poter vivere, coi figli minorenni, nella ex casa familiare, dall’altro, il fatto di avere già lasciato l’abitazione stessa, ha stabilito che la domanda posta dal genitore di poter essere dichiarato collocatario dei figli minori (e di conseguenza, essere assegnatario dell’abitazione familiare) deve essere corroborata dal fatto di, effettivamente, vivere coi figli minorenni, presso l’abitazione medesima, al momento della separazione.
Se da un lato i figli minorenni, per evidenti questioni pratiche, vengono generalmente collocati con la madre, la pronuncia appena citata è andata contro tale uso consolidato, e la Corte ha collocato i minori presso il padre, dando ancora più risonanza e importanza a tale pronuncia.