“Considerando che l’amore non ha prezzo, sono disposto a tutto per averne un po'”. E’ un testo di Lorenzo Jovanotti, che parla di ciò che si è disposti a fare per amore, perché “l’amore non ha prezzo”, appunto!. Ma non è sempre così , perché quando un amore finisce la prima cosa che si paga e’ il conto salato nell’aula di un Tribunale. Con la separazione personale dei coniugi il giudice stabilisce l’affidamento dei figli, l’assegnazione della casa coniugale e il mantenimento per i figli e per la moglie se priva di redditi.
Se però la moglie ha una propria capacità lavorativa l’assegno di mantenimento può essere ridotto; così ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4571 del 22 marzo 2012. La riduzione dell’assegno veniva giustificato dal fatto che la donna, pur essendo priva di mezzi economici, aveva comunque una specifica qualifica di insegnante che le avrebbe consentito di cercare altre fonti di reddito dando lezioni private o collaborando con scuole pubbliche o private.
Anche di recente la Corte, sula scorta dello stesso principio (sentenza 3502/2013) ha stabilito che l’attitudine a poter svolgere un lavoro proficuo, quale potenziale capacità di guadagno, “costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento da parte del giudice, che deve al riguardo tenere conto non solo dei redditi in denaro ma anche di ogni utilità o capacità dei coniugi suscettibile di valutazione economica“. La corte però chiarisce che l’attitudine del coniuge al lavoro assume rilievo “solo se venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale, e non già di mere valutazioni astratte ed ipotetiche“.
Nella sentenza del 2012 la vicenda giudiziaria può così riassumersi.
Il Tribunale di Napoli dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio imponendo al marito, un dirigente medico della ASL ,di corrispondere mensilmente alla moglie l’assegno di € 700,00 per il suo mantenimento nonché il contributo di complessivi € 1.100,00 per il mantenimento dei due figli delle parti, maggiorenni e conviventi con la madre.
La Corte di appello di Napoli, in parziale accoglimento del gravame proposto dall’uomo avverso la sentenza di primo grado che nel resto veniva confermata, riduceva ad € 500,00 e ad € 1.000,00 (€ 500,00 per ciascun figlio), annualmente rivalutabili, gli apporti economici rispettivamente stabiliti dal primo giudice per il mantenimento della moglie e dei due figli della coppia.
La Corte territoriale riteneva che la riduzione dell’assegno di mantenimento ,a favore della donna ,era giustificato dal fatto che l’uomo percepiva uno stipendio mensile,come dirigente medico ASL, pari ad Euro 2800, quindi non aveva altri redditi in quanto aveva cessato di svolgere attività di collaborazione con un centro di dialisi per incompatibilità con l’incarico da lui espletato presso la struttura pubblica e che non vi era prova che svolgesse attività libero professionale di medico. Sosteneva,inoltre, che la ex moglie ,anche se priva di fonti di reddito ,aveva comunque una propria capacità lavorativa, desumibile dalla qualifica di insegnante e proprio per questo poteva trovare occupazione o in scuole pubbliche o dando lezioni private. Per questo motivo la Corte disponeva la riduzione dell’assegno da euro 700,00 ad euro 500, mensili.
Avverso questa sentenza la donna proponeva ricorso per cassazione ma gli Ermellini rigettavo le istanze avanzate dalla donna, aderendo invece a quella che era stata la tesi sostenuta dalla Corte d’Appello e cioè che: ” sebbene la donna risultava priva di mezzi economici, non era plausibile ritenerla priva per ragioni oggettive essendo anche dotata di specifica qualifica professionale che le avrebbe dato l’opportunità di produrre reddito. La Corte rigettava il ricorso e compensava per intero le spese del giudizio.
Fonte:
molto interessante..
mi trovo, mio malgrato, ad affrontare una situazione simile.
ho sempre detto che sul mio citofono non c’è scritto INPS.
visto l’età della mia, ormai, ex moglie e la sua “capacità lavorativa”,
sarebbe oppurtuno che si desse una mossa …
saluti.
La dignità di una donna si vede quando questa nella difficoltà si rimbocca le maniche e cerca di mantenersi senza farsi mantenere a vita da chi, anni prima ha amato e sposato! E’ ora di finirla di voler a tutti i costi essere mantenute, questa non è maturità, questo è voler esseere trattate tutte come donne a pagamento! E’ questo che vogliono le donne? Perchè questo non è emancipazione femminile, è ben altro!