N.26205/13 – Al figlio il diritto al risarcimento danni per il vuoto emotivo e relazionale dovuto all’assenza del padre.
Chi non ricorda Filumena Marturano, la protagonista della commedia scritta nel 1946 da Eduardo De Filippo?. Al cinema il personaggio e’ stato interpretato magistralmente da Sofia Loren in “Matrimonio all’ italiana” affiancata da Marcello Mastroianni nel ruolo di Don Mimi’.
Filumena e’ una matura signora con un passato da prostituta, ed e’stata per venticinque anni la mantenuta di Don Domenico (Mimì) Soriano, ricco pasticciere napoletano e suo cliente di vecchia data.
Per costringere l’uomo a sposarla si finge morente ma Don Mimi’ dopo aver scoperto l’inganno si rivolge ad un avvocato per annullare il matrimonio.
La donna in seguito a questo gesto gli confessa che ha tre figli e che uno di questi e’ suo ma non rivelera’ mai l’identità, affinché l’uomo si possa prendere cura di tutti e tre.
La donna come prova ha una banconota sulla quale aveva riportato la data del concepimento del figlio e restituisce l’altra metà, non scritta, a Don Mimi’ dicendogli la famosa frase” perché i figli non si pagano”…
E invece, “i figli si pagano”! A dirlo e’ la Cassazione con la sentenza 26205 pubblicata il 21 novembre che statuisce il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale da illecito endofamiliare per quei figli non riconosciuti dal padre. Il padre e’ ritenuto responsabile per la sola consapevolezza del concepimento e non la certezza assoluta della paternità.
Dunque, il vuoto emotivo, relazionale e sociale causato dall’assenza paterna nella vita dei figli può essere liquidato economicamente.
La vicenda in questione vede come protagonista un uomo che veniva condannato dalla Corte di Appello di Trieste a corrispondere ai figli un risarcimento di ben 150mila euro ciascuno a titolo di danno non patrimoniale da illecito endofamiliare come conseguenza del riconoscimento giudiziale della paternità naturale .
A sostegno della sua difesa l’uomo aveva dichiarato di non essere stato a conoscenza del suo status prima del giudizio, inoltre, riteneva tardiva l’azione intrapresa per la richiesta del danno non patrimoniale e contestava il fatto che non vi fossero prove certe circa la sofferenza dei ricorrenti.
Fonte: StudioCataldi.it