Cassazione N.9365/16 – Se il figlio maggiorenne lavora, non c’è motivo di mantenerlo…
di Marina Crisafi – La Suprema Corte bacchetta i giudici di merito sulla conferma del contributo da parte del genitore oneratoFiglio maggiorenne convivente con la madre ma inserito da anni nel mondo del lavoro. Si tratta di una condizione che mette fortemente in discussione il contributo al mantenimento da parte del genitore onerato.
A stabilirlo è la sesta sezione civile della Cassazione, con la recente ordinanza n. 9365/2016 (qui sotto allegata), bacchettando la decisione del giudice d’appello che, in linea con il provvedimento di primo grado, pronunciandosi su una causa di divorzio (pur riducendo gli importi) ha confermato l’obbligo da parte di un uomo di versare 200 euro al mese all’ex moglie, a titolo di assegno divorzile, e 150 euro per il figlio maggiorenne e convivente con la madre considerato “il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica” da parte dello stesso.
L’obbligo di contribuzione al mantenimento nei riguardi del ragazzo vacilla di fronte al suo “pluriennale inserimento” nel mondo dal lavoro. Il giovane, infatti, ha già da anni un’occupazione stabile in un’azienda, per cui appare molto fragile l’ipotesi della “condizione di non autosufficienza” economica attestata dalla Corte d’Appello. Corte che ha errato, dunque, nella sua convinzione, smentita dai fatti e per di più “senza una motivazione, se non di carattere meramente assertivo, sul punto”.
Su questo fronte, pertanto, il ricorso del padre è parzialmente fondato e la parola passa al giudice del rinvio che dovrà approfondire la questione, valutando la sussistenza o meno dei presupposti per il mantenimento o per la revoca del contributo gravante sul padre.
Cassazione, ordinanza n. 9365/2016
Fonte: Cassazione: se il figlio maggiorenne lavora, non c’è motivo di mantenerlo…
(www.StudioCataldi.it)