N.5847/13 – Perde l’affidamento il genitore con una condotta ostruzionistica
Separazione: Cassazione civile , sez. I, sentenza 08.03.2013 n° 5847 (Carmela Crispoli) La Corte di Cassazione, Sezione I civile, con sentenza 8 marzo 2013 n. 5847 ha rigettato il ricorso proposto avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catania che, in parziale accoglimento dell’appello e riformando la impugnata sentenza del Tribunale, ha affidato i figli minori in via esclusiva alla madre, con divieto provvisorio di contatti con il padre, le ha assegnato la casa coniugale mentre ha posto a carico del padre l ’obbligo di versare un assegno mensile per il mantenimento dei figli, condannandolo alle spese di giudizio.La vicenda giudiziaria approdata in Cassazione prende il via da un procedimento di separazione dei coniugi, conclusosi con sentenza che disponeva l’affidamento condiviso dei figli minori collocandoli presso il padre, disciplinava i rapporti con la madre, i cui incontri con i figli venivano poi limitati con successivo decreto, assegnava al marito la casa coniugale mentre poneva a carico della moglie l’obbligo di versare un assegno per il mantenimento dei figli. I giudici di 2° grado riformavano la impugnata sentenza disponendo l’affidamento dei figli minori in via esclusiva alla madre oltre a quanto già sopra precisato. La decisione, confermata in Cassazione, relativa all’affidamento esclusivo viene motivata sulla scorta di elementi che, da un lato, si riconducono alla condotta ostruzionistica tenuta dal padre volta ad ostacolare gli incontri dei figli con la madre oltre a screditarne ingiustificatamente la figura, con conseguenze negative circa il giudizio relativo alle attitudini genitoriali, dall’altro, fanno riferimento al pregiudizio derivatone all’equilibrio psichico dei figli, che in effetti avevano adottato un atteggiamento negativo nei confronti della madre. In particolare, i giudici di appello hanno tenuto conto anche di una relazione del servizio di psichiatria della Asl che ha riscontrato l’esistenza di una sindrome da alienazione parentale, elemento questo che, unitamente a quanto sopra evidenziato circa la condotta paterna, ha indotto i giudici di 2° grado a ritenere l’affidamento condiviso pregiudizievole per i figli. Più esattamente si legge nella sentenza n. 5847 della Cassazione: “…..La Corte di appello, utilizzando la predetta relazione della Asl che diagnosticava una sindrome da alienazione parentale dei figli ed evidenziava il danno irreparabile da essi subito per la privazione del rapporto con la madre, si è limitata a fare uso del potere attribuito al giudice dall’ art.155 sexies comma 1 c.c. di assumere mezzi di prova anche d’ufficio ai fini della decisione sul loro affidamento esclusivo alla madre. Essa inoltre ha fondato la decisione anche su altri elementi non specificatamente censurati del ricorrente concernenti il giudizio negativo circa le attitudini genitoriali del ( desunto anche dalla reiterata condotta ostruzionistica posta in essere al fine di ostacolare in ogni modo gli incontri dei figli con la madre) dandone conto in una motivazione priva di vizi logici e quindi incensurabile in questa sede”. Ne è valso per il ricorrente addurre, tra gli altri , il motivo con il quale si deduce una violazione di legge per avere la Corte d’Appello assunto una decisione in materia di affidamento in pendenza del procedimento davanti al tribunale dei minori per la decadenza del padre dalla potestà ex art. 330 c.c, in quanto sul punto la Suprema Corte, rilevando l’infondatezza del motivo, ribadisce la piena autonomia delle competenze del tribunale per i minori in materia di provvedimenti relativi alla potestà genitoriale ( artt.330 c.c e 38 disp.att. c.c) e “del tribunale ordinario quale giudice della separazione competente sulle modalità di esercizio della potestà medesima (v. Cass. n. 6841/2011) anche quando l’affidamento dei figli sia richiesto in ragione dell’esistenza di un grave pregiudizio per i figli minori ( v. Cass. n. 20352/2011)”. (Altalex, 18 marzo 2013. Nota di Carmela Crispoli. Sul tema, si segnala il volume “Processo di separazione e divorzio” a cura di G. De Marzo, Altalex Editore, 2012) / separazione / coniugi / affidamento / figli / incontri / ostruzionismo / Carmela Crispoli / – Altalex Professionale – Danni Endofamiliari. Casi, quesiti, soluzioni Acquista due volumi della collana e la spedizione è gratuita! SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE I CIVILE Sentenza 12 febbraio – 8 marzo 2013, n. 5847 Presidente Luccioli – Relatore Lamorgese Svolgimento del processo In un giudizio di separazione personale dei coniugi M.R. e B.F., la Corte di appello di Catania, con sentenza 11 giugno 2010, in parziale accoglimento dell’appello proposto da M.R. e riformando la impugnata sentenza 20 giugno 2008 del Tribunale di Catania, ha affidato i due figli minori alla madre, con divieto provvisorio di contatti con il padre, le ha assegnato l’abitazione e ha posto a carico del B. l’obbligo di versarle un assegno mensile di € 800,00 per il mantenimento dei figli; ha confermato la prima decisione che aveva dichiarato abbandonata la domanda di addebito della separazione e condannato l’appellato alle spese del giudizio. Dalla ricostruzione fatta dalla corte di appello, per quanto ancora interessa, risulta che il tribunale aveva disposto l’affidamento condiviso dei figli collocandoli presso il padre e disciplinato la frequentazione con la madre e, con successivo decreto 12 settembre 2008, ne aveva limitato gli incontri con i figli; aveva assegnato al marito la casa coniugale e posto a carico della moglie M. l’obbligo di versare un assegno di mantenimento per i figli. I giudici di appello, anche sulla base di una relazione del servizio di psichiatria della Asl di Siracusa, hanno ritenuto che il comportamento negativo dei figli verso la madre fosse stato provocato dalla condotta ostruzionistica del marito che aveva ostacolato gli incontri e ingiustificatamente screditato la figura della madre nei loro confronti, in tal modo danneggiandone l’equilibrio psichico; hanno quindi ritenuto che l’affidamento condiviso fosse pregiudizievole per i minori, che hanno affidato pertanto alla madre in via esclusiva. Avverso la suddetta sentenza B.F. propone ricorso per cassazione articolato in sette motivi. M.R. resiste con controricorso illustrato da memoria. Motivi della decisione Nel primo motivo è dedotta la nullità dell’atto di appello di M.R. del 15 ottobre 2008) in quanto la procura alle liti non era ad esso incorporata ma solo spillata mediante punti metallici. Il motivo è infondato, alla luce dell’art. 83, comma 3, c.p.c. nel quale l’art. 1 della legge n. 141 del 1997 ha aggiunto, in fine, il seguente periodo: “La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all’atto cui si riferisce”. La collocazione materiale della procura, in seguito alla citata novella, fa ritenere certa la provenienza del potere di rappresentanza e dà luogo alla presunzione di riferibilità della procura stessa al giudizio cui accede. Nel secondo motivo è dedotta la violazione dell’art. 155 sexies c.c., introdotto dalla legge n. 54 del 2006 (sulla scorta degli artt. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo e 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata con la legge n. 77 del 2003), per la mancata audizione dei minori C. e R. (rispettivamente di quindici e nove anni nel 2010). Il motivo infondato oltre che generico. Il ricorrente non ha precisato a quale fase del giudizio sia riferita la denunciata violazione, né tiene conto che l’audizione dei figli minori (che abbiano compiuto dodici anni e anche di età inferiore ove capaci di discernimento) costituisce un adempimento necessario nelle procedure relative al loro affidamento nel primo grado di giudizio, con la conseguenza che la nullità della sentenza per la violazione dell’obbligo di audizione può essere fatta valere nei limiti e secondo le regole fissate dall’art. 161 c.p.c. e, dunque, è deducibile con l’appello (v. Cass. n. 1251/2012). Il motivo inoltre è sfornito di elementi idonei ad intaccare la decisione sull’affidamento motivata in ragione dell’esistenza di una sindrome da alienazione parentale (PAS) causata da pressioni paterne che avrebbero inficiato i risultati dell’audizione. Nel terzo motivo è dedotto il vizio di motivazione per essere la decisione sull’affidamento stata assunta sulla base di una relazione svolta ad altri fini dal Servizio di psichiatria della Asl, cioè nell’ambito di un percorso di mediazione familiare attivato dal tribunale per i minorenni, ed irritualmente acquisita d’ufficio dalla Corte di appello senza tenere conto di altri elementi istruttori in atti. Il motivo è infondato. La corte di appello, utilizzando la predetta relazione della Asl che diagnosticava una sindrome da alienazione parentale dei figli ed evidenziava il danno irreparabile da essi subito per la privazione del rapporto con la madre, si è limitata a fare uso del potere, attribuito al giudice dall’art. 155 sexies, comma 1, c.c., di assumere mezzi di prova anche d’ufficio ai fini della decisione sul loro affidamento esclusivo alla madre. Essa, inoltre, ha fondato la decisione anche su altri elementi non specificatamente censurati dal ricorrente, concernenti il giudizio negativo circa le attitudini genitoriali del B. (desunto anche dalla reiterata condotta ostruzionistica posta in essere al fine di ostacolare in ogni modo gli incontri dei figli con la madre), dandone conto in una motivazione priva di vizi logici e quindi incensurabile in questa sede. La corte di appello ha comunque auspicato la futura ripresa dei rapporti tra il padre e i figli, demandando al servizio di psichiatria dell’Asl competente di Siracusa di predisporre un idoneo progetto in tal senso. Nel quarto motivo si censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione per non avere valutato le attitudini genitoriali della madre, che rivelerebbero il suo intento di allontanare i figli del padre. Il motivo è infondato. La corte di merito ha motivato ampiamente e senza incorrere in vizi logici, nemmeno specificamente denunciati, in ordine alle piene attitudini genitoriali di M.R., affermando tra l’altro che, contrariamente a quanto denunciato dal B., “non è emerso alcun disturbo psichico, né è mai stata dimostrata l’esistenza di una condotta della M. pregiudizievole per i figli”. Nel quinto motivo è dedotta violazione di legge per avere la corte di merito deciso sull’affidamento dei figli e sul divieto per il padre di avere contatti con essi, in pendenza del procedimento attivato davanti al tribunale per i minorenni della stessa M.R. ex art. 330 c.c. per la decadenza del padre dalla potestà genitoriale. Il motivo è infondato. La denunciata violazione non sussiste, stante la reciproca autonomia delle attribuzioni del tribunale per i minorenni, competente ad assumere i provvedimenti incidenti sulla spettanza della potestà genitoriale (artt. 330 c.c. e 38 disp. Att. c.c.), e del tribunale ordinario quale giudice della separazione competente sulle modalità di esercizio della potestà medesima (v. Cass. n. 6841/2011), anche quando l’affidamento dei figli sia richiesto in ragione dell’esistenza di un grave pregiudizio per i figli minori (v. Cass. n. 20352/2011). Nel sesto motivo sono dedotti i vizi di violazione di legge e insufficiente motivazione circa la determinazione dell’assegno di mantenimento a carico del B. e in favore dei figli, in assenza di dati obiettivi sulle capacità reddituali dell’obbligato. Il motivo è inammissibile, con esso denunciandosi la violazione di non precisate leggi e mirandosi ad una rivalutazione, non consentita in questa sede, dei fatti posti a sostegno della quantificazione dell’assegno, che la corte di appello ha effettuato in misura corrispondente a quella già effettuata in sede presidenziale (quando i figli erano collocati presso la madre), con adeguamento al mutato costo della vita e alle accresciute esigenze dei figli. Il settimo motivo riguarda la condanna, ritenuta iniqua, alle spese processuali del giudizio di appello. Il motivo è infondato, alla luce del principio che solo la compensazione dev’essere sorretta da motivazione e non già l’applicazione della regola della soccombenza cui il giudice si sia uniformato (v. Cass. n. 2730/2012). In conclusione il ricorso va rigettato. Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di legittimità, in considerazione della complessità delle questioni trattate, dimostrata anche dall’esito oscillante delle varie fasi del giudizio di merito. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese. In caso di diffusine del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.