Obbligo dei genitori di mantenimento del figlio
I genitori si devono prendere cura dei propri figli, mantenendoli fino a quando questi non diventino autosufficienti.
L’obbligo dei genitori di mantenere i figli genera sempre problemi, specie in caso di separazione dei coniugi; in quest’ultimo caso, infatti, il genitore presso cui è collocata la prole ha diritto a ottenere – a titolo di contributo spese per il mantenimento dei minori o dei maggiorenni non autosufficienti – un assegno mensile (predeterminato dal giudice) per le spese ordinarie ed il pagamento del 50% delle spese straordinarie previamente concordate, di volta in volta che ve ne sia la necessità.
Quali figli devono essere mantenuti?
I genitori sono obbligati a mantenere i figli:
– minorenni;
– maggiorenni affetti da handicap grave.
I genitori hanno il diritto e il dovere di mantenimento dei figli, anche se nati fuori del matrimonio.
In cosa consiste il mantenimento?
Il mantenimento dei figli consiste nell’obbligo di prestare loro i mezzi necessari per soddisfare i bisogni fondamentali del minore (vitto, alloggio, ecc.), e di far fronte ad ogni ulteriore spesa necessaria per la vita di relazione in conformità al tenore di vita ed alla collocazione sociale della famiglia. Il “paniere” dei beni considerati necessari al mantenimento, dunque, non si esaurisce solo in quelli di prima necessità, come l’alimentazione, i vestiti, le spese mediche e l’istruzione. Oramai, la giurisprudenza ha abbracciato un’interpretazione più ampia di mantenimento ricomprendendovi ogni bene necessario a una normale crescita all’interno della moderna società. Così, per esempio, rientrano nell’obbligo di mantenimento le spese per il computer, per il cellulare, per il trasporto (come l’automobile), ecc. Il tutto, però, va sempre parametrato alle possibilità economiche dei genitori.
A seconda delle circostanze, l’obbligo di mantenimento include:
– il fatto di mettere a disposizione la casa;
– fornire e acquistare l’abbigliamento e gli accessori;
– garantire la frequenza alla scuola, l’acquisto dei libri, del materiale didattico, la possibilità di partecipare alle iniziative (gite, stage, viaggi di studio, visite, attività ricreative, corsi);
– le cure mediche, specialistiche e odontoiatriche;
– le spese di trasporto o un eventuale mezzo di locomozione;
– la frequenza ad una palestra o ad attività sportive.
Fino a che età vanno mantenuti i figli?
Non esiste un limite di età prestabilito oltre il quale il genitore non è più tenuto a provvedere al mantenimento dei figli. Di regola i genitori:
– sono tenuti a mantenere i figli fino a quando iniziano a svolgere un’attività lavorativa e il lavoro permette loro di raggiungere l’indipendenza economica;
– possono liberarsi dall’obbligo di mantenere i figli quando provano che il mancato svolgimento di un lavoro dipende da inerzia, rifiuto o abbandono ingiustificato del lavoro da parte del figlio.
In pratica, i genitori sono tenuti a mantenere i figli che sono, senza loro colpa, non economicamente indipendenti. L’obbligo cessa quando i figli iniziano una attività lavorativa che permette loro di raggiungere l’autosufficienza economica. Il mantenimento non spetta, invece, quando il genitore riesce a provare che il mancato svolgimento di un’attività lavorativa dipende dalla colpa del figlio.
Il fatto che i figli maggiorenni siano dotati di capacità lavorative e quindi di produrre reddito non è sufficiente per far cessare l’obbligo di mantenimento da parte del genitore. Infatti nel caso il figlio sia maggiorenne, l’obbligo di mantenimento genitoriale cessa solo ove si provi il presupposto dell’indipendenza economica dello stesso. Il figlio deve quindi godere di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita ovvero deve sottrarsi volutamente e ingiustificatamente allo svolgimento di attività lavorativa adeguata.
Cosa si intende con indipendenza economica?
Il figlio maggiorenne diventa economicamente autosufficiente quando comincia a percepire un reddito corrispondente alla professionalità acquisita in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato, anche se l’inserimento nella famiglia paterna gli avrebbe garantito una posizione sociale migliore.
Non sempre, però, l’attività lavorativa consente di raggiungere l’indipendenza economica; in tali casi i genitori restano obbligati al mantenimento. È il caso ad esempio in cui il figlio maggiorenne:
– pur godendo di un reddito da lavoro, sta completando la propria formazione;
– svolge un lavoro precario e limitato nel tempo: in tal caso non si può considerare raggiunta l’indipendenza economica proprio perché richiede una prospettiva concreta di continuità;
– lavora come apprendista, dal momento che il rapporto di apprendistato si distingue anche sotto il profilo retributivo dagli ordinari rapporti di lavoro subordinato;
– svolge un lavoro non qualificato rispetto al titolo di studio conseguito, (come nel caso di ragazzo quasi trentenne con il titolo di geometra e ragioniere, impiegato come apprendista muratore);
– consegue una borsa di studio correlata ad un dottorato di ricerca: ciò non comporta il raggiungimento dell’indipendenza economica data la temporaneità, la modestia dell’introito in rapporto alle incrementate e presumibili necessità, anche scientifiche, del beneficiario.
Se sopraggiunge il licenziamento, il figlio va di nuovo mantenuto?
Una volta che il figlio maggiorenne abbia raggiunto l’indipendenza economica, a seguito dell’inizio di un lavoro stabile, perde il diritto al mantenimento, anche nell’ipotesi di successivo licenziamento. Pertanto, se il figlio perde successivamente l’autosufficienza economica (si pensi anche al caso di un andamento negativo dell’attività commerciale intrapresa) non può più pretendere il pagamento dell’assegno di mantenimento.
Il figlio sposato va mantenuto?
Il semplice fatto che il figlio contragga matrimonio non esonera il genitore dall’obbligo di mantenimento se la nuova entità familiare non è autonoma finanziariamente, né autosufficiente.
L’assegno di mantenimento va versato alla madre o può essere dato al figlio?
Il genitore ha diritto a chiedere l’assegno a condizione che coabiti con il figlio maggiorenne. La coabitazione sussiste anche se il figlio non convive quotidianamente col genitore, ma mantiene un collegamento stabile con l’abitazione di quest’ultimo (si pensi ai periodici viaggi per motivi di studio o di lavoro, anche per periodi non brevi). Pertanto, se il giudice ordina che il pagamento dell’assegno venga fatto nelle mani del genitore convivente (di norma la madre), il pagamento non potrà essere effettuato nelle mani del figlio.
Se però il figlio si trasferisce stabilmente in un’altra città prendendo in locazione un appartamento, il genitore non più convivente perde la legittimazione a richiedere all’ex coniuge l’assegno per il mantenimento del figlio.
Il figlio maggiore d’età non ancora economicamente indipendente è legittimato a richiedere l’assegno se non convive con alcuno dei genitori.
Può formulare la sua richiesta al giudice facendo valere il suo diritto al mantenimento nei confronti di uno o di entrambi i genitori.
Fonte: www.laleggepertutti.it