Prassi operativa dei servizi sociali
Prassi operativa dei servizi sociali
Con provvedimento del 28. 9.2001 n°11294/17385 il Garante privacy ha modificato la prassi operativa dei servizi sociali dei Comuni italiani, in quanto essi ritenevano legittimo negare ai genitori dei minori sottoposti alla loro osservazione, la conoscenza dei dati personali e dei relativi giudizi inerenti i minori, che trasmettevano solo al Tribunale per i Minorenni da cui avevano avuto l’incarico di svolgere le indagini nei procedimenti relativi alla decadenza dalla potestà genitoriale o all’affido di minori nelle famiglie di fatto.Il Garante ha ordinato ai servizi sociali di mettere a disposizione del genitore i dati personali in possesso dell’Ufficio, specificando che i servizi sociali devono fornire non solo i dati personali, ma anche tutte le informazioni di tipo valutativo (giudizi, comportamenti, analisi, ricostruzioni di profili personali), rientrando nel concetto di trasparenza e di possibilità di controllo da parte dell’interessato.
Con ciò il termine “dato personale” ha assunto una diversa connotazione
Alcune recenti disposizioni legislative in materia di procedimenti amministrativi e di accesso ai documenti della pubblica amministrazione (l. n. 241/1990 modificata dalla l. n. 15/2005), pongono alcuni problemi in ordine al pieno adempimento del diritto della persona alla riservatezza e alla contemporanea affermazione del diritto-dovere al segreto professionale da parte dell’assistente sociale. Le affermazioni che seguono hanno lo scopo di destare attenzione e vigilanza su questi aspetti e propongono interpretazioni del dettato legislativo, per conciliare l’esigenza giuridica di fornire garanzie di trasparenza dell’azione amministrativa e il rispetto dal punto di vista deontologico della riservatezza di cui si è ampiamente detto. Le parti delle leggi in questione che hanno destato maggiori preoccupazioni a riguardo sono quelle che regolano l’accesso dei cittadini agli atti e ai documenti amministrativi (capo V della l. n. 241/1990) e l’istituzione dell’Albo dei beneficiari di provvidenze economiche (art. 22, l. n. 412/1991, legge finanziaria per il 1992).
Per ciò che concerne l’accesso ai documenti in possesso delle pubbliche amministrazioni, è stata realizzata l’eventualità che il cittadino che ne “abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti” (art. 22, comma 1, l. n. 241/1990) possa accedere anche solo in visione ad atti o documenti del servizio sociale (accesso parziale), ad esempio la cartella sociale o parti di essa, come già avviene, peraltro, con le cartelle cliniche.
A conforto di questi principi è l’art. 24 della legge n. 241 del 1990, che stabilisce che “le amministrazioni dello Stato dovranno dotarsi di regolamenti che, in base a uno o più decreti da emanarsi da parte del governo, individuino le categorie di documenti da escludersi dal diritto d’accesso, in relazione all’esigenza di salvaguardare «la riservatezza di terzi, persone […] garantendo peraltro la visione degli atti relativi ai procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro interessi giuridici” (art. cit., comma 4, lett. d) ).
In ordine invece all’esigenza di trasparenza negli atti della pubblica amministrazione, la legge finanziaria del 1991 aveva previsto, per tutte le amministrazioni dello Stato, l’istituzione dell’Albo dei beneficiari di provvidenze di natura economica, in cui siano indicati annualmente i soggetti, ivi comprese le persone fisiche, ai quali “siano stati erogati in ogni esercizio finanziario contributi…”. L’Albo deve anche indicare “la disposizione di legge in base alla quale hanno luogo le erogazioni”; può essere consultato da ogni cittadino e le amministrazioni ne assicurano “la massima facilità d’accesso e pubblicità”. Sembra, ad una prima impressione, una riedizione dell’Elenco dei Poveri di ottocentesca memoria, all’interno di un più vasto elenco di soggetti che fruiscono di provvidenze economiche pubbliche a vario titolo (ad es. le società sportive).