Quattro separazioni ogni dieci matrimoni. Nel 2010 record in Liguria con oltre il 50% di divisioni – In Calabria le coppie pi
I titoli di coda scivolano via senza happy end. Non si tratta di un film, ma della realtà. Per ben quattro coppie su dieci il matrimonio si è concluso in tribunale. La freddezza dei numeri fotografa (ancora una volta) un aumento delle separazioni.
Erano poco meno del 30% rispetto alle nozze celebrate, appena un anno fa. Senza contare le unioni che anche lo stato ha riconosciuto come definitivamente concluse. In questo caso, i rapporti di forza sono all’incirca di uno a cinque (il totale nazionale è di 216 ogni mille matrimoni). La strada scelta in prevalenza è quella della fine di comune accordo: le consensuali sono circa il 70% di tutte le separazioni. Quanto ai tempi, l’attesa per una separazione giudiziale (quando non c’è l’accordo tra i coniugi) si aggira sui due anni.
I toni e le situazioni sono diverse sul territorio. Più in generale, la tenuta sembra essere maggiore al Sud. Vittima della sindrome da matrimonio sono soprattutto le coppie liguri: ben 514 su mille matrimoni imboccano la strada per diventare ex. Tendenza molto simile anche in Friuli Venezia Giulia, dove addirittura c’è la cifra tonda: per il 50% scatta l’«arrivederci, amore ciao». Frase molto meno pronunciata in Calabria, la regione con il rapporto più basso sia di separazioni (174 su mille nozze) che di divorzi (84).
Geografie variabili, ma tendenza di fondo all’aumento, però, è confermata anche dall’esperienza quotidiana degli “addetti ai lavori”, in particolar modo avvocati e magistrati. «Nel 2003 quando ho iniziato a occuparmi della materia nell’udienza fissata ogni settimana arrivavano 15 fascicoli. Oggi siamo a quota 20, in qualche caso anche a 25». Massimo Escher, da poco passato in corte d’appello, ricorda così il suo recente trascorso da giudice al tribunale di Catania. Se c’è un filo conduttore comune, Maria Giovanna Ruo, avvocato e presidente della camera minorile nazionale Cammino, lo individua nel problema dell’instant generation. Dietro la fine dei matrimoni, a suo avviso, ci sono «vari fattori sociali e culturali tra i quali sono significativi il prevalere del modello consumistico anche nei sentimenti e l’aver perso il senso della progettualità e della costruzione anche delle relazioni». Come spiega Laura Laera, presidente dell’Aimmf (Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia), «è il modello di società liquida applicato anche alle relazioni familiari».
Eppure i margini di azione ci sono. «In Italia, una situazione desolante come quella del film “La ricerca della felicità” (lui rimasto solo con il figlio e in difficoltà economiche, ndr) in genere sarebbe difficile – continua Laera – perché c’è una rete di protezione di relazioni familiari e amicali che funziona, anche se sempre meno». La strada è quella della prevenzione. «Si costruisce – riflette Ruo – con un’educazione al senso di responsabilità personale e sociale».
Per Escher è importante anche rafforzare la mediazione sul territorio. Lo strumento ha fatto capolino nel diritto di famiglia con la legge sull’affido condiviso, che si avvia a compiere cinque anni. In pratica, il giudice della separazione può rinviare l’adozione dei provvedimenti sui figli per fare in modo che i coniugi, con l’aiuto di esperti, cerchino di arrivare a un accordo. «È un modo per eliminare il contrasto nella migliore delle ipotesi – evidenzia il magistrato – o almeno per indirizzare la separazione verso uno sbocco consensuale».
Per Filippo Danovi, avvocato ma anche docente di procedura civile all’università Bicocca, la legge sull’affidamento condiviso ha un grande merito: «È venuto meno un terreno di contesa. È chiaro, però, che si tratta di una formula astratta. La bigenitorialità si riesce a esercitare se gli ex partner trovano un canale di comunicazione». Resta il fatto che le leggi sulla famiglia risentono del tempo che passa. Per ora non si muove molto all’orizzonte. I tre Ddl sul divorzio breve, il cui esame è iniziato un anno fa, sono ancora fermi in commissione alla Camera mentre il progetto sui figli naturali approvato a ottobre al senato è ancora in stand by nell’altro ramo del parlamento. Ma quello che manca, secondo gli operatori, è un disegno unitario, che riveda e attualizzi le norme sul piano sostanziale e processuale. La prospettiva potrebbe essere quella di arrivare a un organismo unico specializzato. «Un tribunale delle persone, dei minori e delle relazioni familiari – propone Laera – anche se la riforma non può essere staccata da un riordino più complessivo del sistema giustizia».