N. 25596/12 – Il ritardo (sporadico) nel pagare gli alimenti non costituisce reato
Corte di Cassazione, sez. VI Penale sentenza 31 maggio – 2 luglio 2012, n. 25596
Presidente Milo – Relatore Di Stefano Ritenuto in fatto
La Corte di Appello di Caltanissetta con sentenza dell’11 gennaio 2011 confermava la sentenza di condanna emessa dal tribunale di Nicosia nei confronti di A.P.P. per il reato di sottrazione agli obblighi di assistenza familiare nei confronti del figlio minore S. , nel contempo dichiarando non doversi procedere per la medesima imputazione in riferimento al coniuge che, nelle more, aveva rimesso la querela. La contestazione nei confronti del ricorrente era di non aver versato per il periodo dal novembre 2005 al febbraio 2006 l’assegno di mantenimento fissato in Euro 300 mensili dal tribunale di Nicosia, fatto ritenuto integrare il reato di cui all’articolo 570 CP secondo comma. Il giudice di primo grado aveva ritenuto raggiunta la prova della colpevolezza dell’A. , oltre che in base alle prove orali, in base alla “documentazione acquisita, da cui risultava che l’imputato aveva versato nel periodo di cui alla contestazione più volte con considerevole ritardo l’assegno mensile di mantenimento”. Con i motivi di appello, quali desunti dalla sentenza impugnata, la difesa di A. aveva osservato che le somme stabilite dal tribunale erano state comunque versate sia pure con ritardo dovuto esclusivamente alla sua temporanea mancanza di sufficienti disponibilità economiche. La Corte di Appello, dopo aver dato atto dell’intervenuta remissione di querela che, comunque, non poteva estinguere il reato nei confronti del figlio minore trattandosi di reato procedibile di ufficio, riteneva ininfluente la circostanza dei pagamenti in ritardo ai fini della esclusione del reato contestato; la Corte osservava che “solo labilmente l’imputato ha addotto difficoltà economiche e i ritardi nei pagamenti dell’intera somma mensile per il loro protrarsi e la loro reiterazione non possono ritenersi dovuti a fatti indipendenti dalla volontà dell’A. , il quale se avesse voluto, avrebbe comunque potuto far avere tempestivamente anche importi minori in modo da non far venir meno ripetutamente e per periodi non brevi ogni mezzo di sostentamento economico al figlio minore e ciò stante anche l’incapacità economica della D.M.”. Il difensore dell’A. ha proposto ricorso sostenendo la violazione di legge per la erronea applicazione della disposizione di cui all’articolo 570 cod. pen. e con il secondo motivo il vizio di motivazione. Con il primo motivo si deduce la violazione di legge con riferimento alla erronea applicazione dell’articolo 570 cod. pen. asserendosi che la condotta di far mancare i mezzi di sussistenza è stata ricollegata strettamente all’omesso versamento dell’assegno di mantenimento. Rileva però la difesa che, con la produzione documentale in primo grado ed in sede di presentazione dell’appello, si è dimostrata la sostanziale continuità dei pagamenti ed i lievi ritardi come segue: ”14 febbraio 2006: versamento (tramite vaglia postale) della somma di Euro 600,00 a titolo di assegno di mantenimento per i mesi di novembre-dicembre 2005; 28 marzo 2006: versamento (tramite vaglia postale) della somma di Euro 600,00 a titolo di assegno di mantenimento per i mesi di gennaio-febbraio 2006″ Tali brevi ritardi sarebbero stati conseguenti – la difesa ritiene che sia evidente in re ipsa – al mero disagio economico e non alla volontà di far mancare i mezzi di sussistenza. Anche in altro modo, osserva la difesa, la produzione documentale attesta come il ricorrente abbia versato le somme dovute alla parte offesa non appena avuta la disponibilità economica; è il dato sostanziale che si evince dalle scritture di transazione già acquisite al fascicolo dibattimentale, il ricorrente aveva sempre versato tutte le somme da lui dovute appena possibile. Inoltre, secondo la difesa, la sentenza è erronea laddove, dimenticando che l’ipotesi di reato contestata si realizza laddove risulti lo stato di bisogno dell’avente diritto e la concreta capacità economica del presunto reo, non affronta il problema della capacita reddituale dell’obbligato. E, per converso, la difesa afferma che vi è disponibilità di reddito da parte della moglie, fruitrice di una retribuzione per le sue prestazioni lavorative in favore del comune di Nicosia. Con un terzo motivo la difesa deduce la erronea applicazione dell’articolo 1 della legge 241 del 2006 per essere stata negata la applicabilità dell’indulto per un errore del certificato penale in atti al momento della decisione in appello.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato, in ragione del primo motivo che rende superflua la valutazione degli altri. La difesa ha dimostrato di aver depositato in corso di dibattimento varia documentazione relativa ai pagamenti periodici dell’assegno di mantenimento; l’elenco dei pagamenti, riprodotto in sede di ricorso, dimostra la sostanziale regolarità dei versamenti, essendo stati gli assegni consegnati quasi sempre nel mese di riferimento. Per quanto riguarda, invece, il periodo in contestazione, il difensore ha dimostrato che i pagamenti sono state effettuati in ritardo così come sopra trascritto. Il fatto risulta, quindi, non esattamente corrispondente alla contestazione formulata: nel capo di imputazione si legge che A. avrebbe omesso del tutto i pagamenti. Tale imprecisione, comunque, non appare avere comportato limiti alla difesa in quanto, dalla sentenza impugnata, si rileva che il fatto del quale si è discusso (e per il quale A. si è difeso) è stato, correttamente, il ritardo dei pagamenti. Se, quindi, anche alla luce di assenza di argomenti contrari nella sentenza impugnata, le date dei pagamenti sono esatte, e ciò anche in riferimento ai periodi diversi da quelli in contestazione, la sentenza impugnata finisce per affermare, in termini sintetici, che il ritardo del versamento integra comunque il reato in contestazione, salvo che l’imputato non offra la piena prova dell’impossibilità di adempiere regolarmente. In altri termini, la Corte di Appello afferma esservi una piena equiparazione fra l’inadempimento dell’obbligazione (anche non “grave”) secondo la legge civile e la commissione del reato di cui all’articolo 570 CP. Rileva però il Collegio che tale interpretazione non è conforme alla norma penale che non equipara il fatto penalmente sanzionato all’inadempimento civilistico. La norma in questione, in riferimento alla specifica fattispecie del soggetto che abbia fatto mancare i mezzi di sussistenza, ha la funzione di garantire l’obbligo del genitore di assistere con continuità i figli fornendo loro i mezzi di sussistenza. Da un lato, quindi, non è una condotta integrata da qualsiasi forma di inadempimento e dall’altro, trattandosi di reato doloso, la condotta deve essere accompagnata dal necessario elemento psicologico. In particolare, sul piano oggettivo, si deve trattare di inadempimento serio e sufficientemente protratto (o destinato a protrarsi) per un tempo tale da incidere apprezzabilmente sulla disponibilità dei mezzi di sussistenza che il soggetto obbligato deve fornire. Quindi il reato non scatta automaticamente con l’inadempimento ai sensi delle leggi civili e, ancorché la violazione possa conseguire anche al ritardo, il giudice penale dovrà valutarne la “gravità” e, quindi, l’attitudine oggettiva a integrare la condizione che la norma è tesa ad evitare. Normalmente, a fronte del mancato versamento da parte del genitore di quanto di spettanza, non si può ritenere sufficiente che la parte dichiari la propria indigenza per giustificare l’omissione del pagamento e si richiede, invece, una prova ben certa di tale stato economico; ma la situazione è diversa nel caso in cui in cui ci si trovi davanti ad un limitato ritardo dei pagamenti per poche mensilità. Si tratta, difatti, di un caso anomalo in un più ampio periodo nel quale gli assegni sono stati pagati sostanzialmente nei tempi dovuti. È ragionevole lettura dei dati accertati che, avendo il ricorrente regolarmente versato in tutto l’arco di tempo in esame quanto di propria spettanza ed essendosi limitato, per i casi contestati, ai brevi ritardi di cui sopra, pur in presenza di un inadempimento rilevante per il diritto civile, non si sia in presenza dell’azione tipica del far mancare i mezzi di sussistenza. Regolarità dei pagamenti e breve ritardo fanno ragionevolmente ritenere che si sia in presenza di un ritardo di adempimento che ben trova giustificazione in situazioni particolari del debitore, mancando quindi gli elementi da cui desumere il dolo del reato in esame. La conseguenza di quanto sopra è che non solo la motivazione non da conto di aver affrontato il tema della reale modalità della condotta, ma offre una ricostruzione della vicenda che consente di affermare con certezza che il fatto accertato non costituisce reato, così potendosi disporre l’annullamento della sentenza senza rinvio per la parte in cui condanna il ricorrente per la condotta nei confronti dei figlio minore, restando ferma, per il resto, la pronuncia di proscioglimento per remissione di querela.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, nella parte relativa alla condotta in danno del figlio minore, perché il fatto non costituisce reato.