N. 8227/11 – Assegno ridotto: par condicio anche tra figli legittimi e naturali
La massima
Il giudice non può liquidare al genitore affidatario un assegno per il mantenimento del figlio legittimo che, tenuto conto del reddito complessivo dell’ex coniuge, incida sul mantenimento dei figli naturali avuti dall’altro coniuge con nuovo compagno.
Lo ha affermato la prima sezione civile della Cassazione con la sentenza n. 8227/2011 che ha accolto l’unico motivo su i 32 espletati nel ricorso di un padre condannato dalla Corte d’appello a versare un assegno per il figlio affidato alla madre dopo la separazione il cui importo era ritenuto troppo elevato.
Con la sentenza d’appello era stato modificata la sentenza di primo grado che non aveva riconosciuto l’assegno di divorzio in favore della moglie ed aveva stabilito in € 300,00 l’assegno di mantenimento in favore della figlia.
La Corte territoriale, appunto, aumentava l’assegno ad € 400,00 e stabiliva in € 150,00 l’assegno di divorzio.
La Cassazione, nel decidere la questione, ha accolto la domanda e, considerato il reddito complessivo dell’uomo (1.600,00 € mensili), ha rideterminato al ribasso il mantenimento per il figlio legittimo, poiché tale reddito non appariva in grado di destinare al mantenimento di ciascuno degli altri due figli naturali un importo mensile di € 400,00, per cui, invece, per la medesima Corte era maggiormente conforme l’importo di € 300,00 già riconosciuto dal Tribunale di Roma.
Il ricorrente, spiegava nel ricorso, di aver formato una nuova famiglia di fatto e aveva avuto due altri bambini, ma il suo reddito non gli consentiva di destinare anche a loro, detratte le spese fisse, un quota di mantenimento identica a quella disposta per il figlio legittimo. Inevitabile quindi la richiesta di riduzione dell’importo del mantenimento.
In particolare la Suprema Corte ha chiarito che con l’articolo 261[1] del c.c. il legislatore ha affermato il principio di parità di trattamento da parte del genitore dei figli naturali e legittimi, e, quindi, di parità di trattamento anche per quanto riguarda l’obbligo di mantenimento.
L’art. 261 c.c. stabilisce che il riconoscimento del figlio naturale comporta da parte del genitore l’assunzione di tutti i dovere e diritti che egli ha nei confronti dei legittimi che sono quelli previsti nell’art. 147 c.c.[2] con conseguente applicazione dell’art. 148 c.c.[3]
Sorrento, 12/4/2011.
Avv. Renato D’Isa
[1] Art. 261 c.c. Il riconoscimento comporta da parte del genitore l’assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi.
La norma si riferisce al dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare la prole, contribuendo in relazione alle rispettive possibilità economiche e di lavoro. A seguito del riconoscimento si verifica anche l’acquisto della potestàsui figli e dell’usufrutto legale sui loro beni personali.
[2] Art. 147 c.c. Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.
Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 21 febbraio 2007, n. 4102, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 11 giugno 2008, n. 15544, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 15 luglio 2008, n. 19450, Cassazione Civile, sez. III, sentenza 22 aprile 2009, n. 9556, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 19 maggio 2009, n. 11538 e Cassazione Civile, sez. I, sentenza 6 novembre 2009, n. 23630
[3]Art. 148 c.c. I coniugi devono adempiere l’obbligazione prevista nell’articolo precedente in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti legittimi o naturali, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.
In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l’inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell’obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all’altro coniuge o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l’istruzione e l’educazione della prole.
Il decreto notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo, ma le parti ed il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica.
L’opposizione è regolata dalle norme relative all’opposizione al decreto di ingiunzione, in quanto applicabili.
Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario, la modificazione e la revoca del provvedimento.