N.3376/12 – Anche se mantiene la nuova famiglia deve versare l’assegno allaex
Marito e moglie si separano. Lei nei 25 anni di matrimonio ha fatto la casalinga fornendo un fondamentale apporto alla conduzione familiare e all’azienda del marito e ora lavora come donna delle pulizie. Lui, dopo la separazione si è rifatto una vita trovando una nuova compagna, vedova con figli a carico.L’oggetto della causa è l’assegno divorzile. I due si ritrovano davanti al giudice poiché la donna vuol far valere il suo diritto a percepire un assegno divorzile vista la sua precaria situazione economica, peggiore di quella del marito tutt’ora imprenditore anche se di una attività formalmente intestata alla nuova compagna solo per motivi fiscali.
Il Tribunale stabilisce che sia versato un assegno di 120 euro mensili in favore della donna che in appello ne chiede 800.
Il marito nega di svolgere qualsiasi attività economica e sostiene di percepire solo una pensione con la quale deve farsi carico del mantenimento dei figli della nuova compagna, orfani di padre.
La Corte territoriale stabilisce che l’assegno debba essere aumentato a 250 euro mensili e l’uomo ricorre in Cassazione.
Vengono posti alla Suprema Corte due quesiti di diritto. Il marito chiede di conoscere se il diritto all’assegno divorzile sussista anche quando il coniuge che abbia goduto di un assegno di mantenimento concordato in sede di separazione, successivamente sia venuto ad appartenere ad una fascia economica superiore a quella goduta in costanza di matrimonio e se l’assunzione di obblighi di mantenimento di una nuova famiglia debbano essere considerati nella valutazione della richiesta di assegno di mantenimento.
Il ricorso è però inammissibile poiché presentato senza rispettare quanto disposto in materia dalla legge.
La Cassazione spiega come deve essere presentato il ricorso. La Prima sezione Civile della Suprema corte, con la sentenza 3376/12, precisa che « secondo l’art. 366 bis c.p.c., applicabile nel caso di specie, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c. nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso si deve concludere con un quesito di diritto, mentre nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, un momento di sintesi, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera di non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. Nei casi previsti dagli altri numeri dell’art. 360, il quesito deve essere formulato in modo tale da collegare il vizio denunciato alla fattispecie concreta non potendo il quesito risolversi in un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di specifico riferimento alla fattispecie in questione e alla soluzione datane nella sentenza impugnata, né potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo od integrare il primo con il secondo».
In ogni caso poi, la corte d’appello ha ben motivato la sua decisione di rivedere l’importo dell’assegno divorzile sia valutando le condizioni economiche dei coniugi, sia considerando la nuova convivenza intrapresa dal marito.