N.22505/2010 – Mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio
Ciascun genitore deve provvedere alla soddisfazione dei bisogni dei figli in misura proporzionale al suo reddito
L’art. 155 del Codice Civile, modificato dall’art.1 della legge_54_2006 prevede che ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando le attuali esigenze del figlio:
- il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori i tempi di permanenza presso ciascun genitore
- le risorse economiche di entrambi i genitori; la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
La norma vale anche per i figli naturali e la stessa è stata ribadita dalla Corte di Cassazione con la Sentenza n. 22505/52010.
Il caso in esame riguarda la figlia naturale di una coppia. La madre, con ricorso promosso innanzi al al Presidente del Tribunale di Genova chiedeva la determinazione di un assegno di mantenimento per la figlia, da porsi a carico del padre naturale, domandandone la quantificazione in una cifra mensile elevata, oltre le spese straordinarie, stante la facoltosa situazione economica del padre naturale. Questi si costituiva contestando le deduzioni della madre in merito alla propria situazione economica e deducendo che anche la madre doveva concorrere al mantenimento della figlia, essendo titolare di mezzi adeguati. Il Presidente, poneva a carico del padre un assegno mensile di mantenimento per la figlia minore rispetto a quanto chiesto dalla madre, oltre a metà delle spese mediche e di asilo. La madre proponeva opposizione avverso tale decreto, mentre il padre chiedeva di provvedere direttamente al mantenimento della figlia. La Corte di Appello di Genova, confermava la misura dell’assegno, ponendo inoltre a carico del padre le intere spese scolastiche, sportive, mediche e ludiche. Avverso la pronuncia di appello, il padre ha promosso ricorso per Cassazione, ma la Suprema Corte ha rigettato il ricorso. Tra i motivi di censura, il ricorrente ha dedotto che il giudice del merito avrebbe omesso di pronunciare sulla domanda di mantenimento diretto della minore da parte del ricorrente, con la previsione a suo carico di un eventuale assegno perequativo in favore della madre, formulata in relazione all’affidamento congiunto della minore, con collocazione prevalente presso la madre. Infatti, ad avviso del ricorrente, in base alla Legge n. 54/2006, il mantenimento diretto, richiesto dal ricorrente già in primo grado, prima della entrata in vigore della legge citata, sarebbe la forma normale di mantenimento ora prevista, cosicché la il giudice del merito avrebbe errato nel disporre il mantenimento indiretto a carico del padre, senza tenere conto del mutato quadro normativo. La Corte ha osservato che, nella determinazione del contributo, in tema di mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio, la regola dell’affidamento condiviso a entrambi i genitori ai sensi dell’art. 155 cod. civ., applicabile in forza del rinvio operato dalla L. n. 54 del 2006, non implica una deroga al principio secondo il quale ciascun genitore deve provvedere alla soddisfazione dei bisogni dei figli in misura proporzionale al suo reddito. In applicazione di tale norma, pertanto, il giudice deve disporre, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico che, in caso di collocamento prevalente presso un genitore, va posto a carico del genitore non collocatario, prevedendone lo stesso art. 155 la determinazione in relazione ai tempi di permanenza del figlio presso ciascun genitore. Ora, lo stesso ricorrente ha riconosciuto che l’affidamento congiunto era avvenuto con il collocamento della bambina presso la madre e la sua prevalente permanenza presso la stessa. Pertanto, il giudice del merito, in applicazione del principio sopra indicato, implicitamente disattendendo la richiesta avanzata dal ricorrente, ha fissato l’assegno in questione in aderenza con quanto stabilito dall’art. 155 cod. civ.