Non si può escludere a priori la capacità del padre di occuparsi del figlio minore
Sostenere a priori che il padre non sia capace di occuparsi di un figlio piccolo è frutto di un pregiudizio: solo esercitando concretamente il ruolo genitoriale si può imparare ad essere bravi genitori.
E’ questo in sostanza il principio espresso dal Tribunale di Milano con il decreto 14/1/2015.In un procedimento promosso dalla madre naturale ex art. 316 c.c., il Tribunale ha disposto, con provvedimenti provvisori ed urgenti, l’affido condiviso della figlia di due anni, regolando il diritto di visita paterno, e riconoscendo al padre la possibilità di pernottamento durante i fine settimana secondo la regola dell’alternanza.
Secondo il Giudice, infatti, “solo esercitando il ruolo genitoriale un genitore matura e affina le proprie competenze genitoriali; il fatto che, al cospetto di una bimba di due anni, un padre non sarebbe in grado di occuparsene, è una conclusionale fondata su un pregiudizio che confina alla diversità (e alla mancanza di uguaglianza) il rapporto che sussiste tra i genitori”.
E’ assolutamente condivisibile, a parere di chi scrive, la decisione del Tribunale: il genitore non collocatario deve poter godere di tempi adeguati da trascorrere con il figlio, salvo che ciò rechi nocumento al bambino. E’ ragionevole ritenere che limiti significativi alla regolamentazione degli incontri tra il padre (poiché è normalmente costui ad essere il genitore non collocatario) e il minore possano essere introdotti solamente quando, dalla frequentazione, possa derivare un concreto pregiudizio per il figlio.
Ma certamente tale pregiudizio non può ritenersi sussistente a priori, senza che sia stato riscontrato mediante accurate indagini. Diversamente opinando si realizzerebbe una discriminazione tra ruolo materno e paterno.
E dunque, nessuna limitazione a “prescindere” del diritto di visita paterno è lecita in sé, potendo, all’opposto, risolversi in un danno per il figlio, che rischia di vedere leso il proprio diritto a mantenere con entrambi i genitori rapporti significativi e continuativi anche quando cessa la convivenza tra i genitori.
Sotto il profilo processuale, il provvedimento è interessante poiché sgombra il campo da ogni dubbio circa la possibilità di adottare provvedimenti provvisori anche nell’ambito del procedimento ex articolo 316 comma quarto Cc.: a tali provvedimenti, infatti, deve essere riconosciuta una finalità urgente e temporanea, poiché rispondono all’esigenza, propria anche dei figli “nati fuori dal matrimonio”, di approntare per il minore un assetto di vita che lo tuteli nei suoi bisogni primari, in vista di statuizioni definitive.
Oltre al fatto che la legge non nega espressamente la possibilità dell’adozione di provvedimenti interinali anche nell’ambito dei giudizi de quo, prevale in ogni caso l’interesse del minore ad una immediata regolamentazione dei suoi rapporti con i genitori, al fine di evitare che la situazione di «incertezza di diritti e doveri dei genitori non coniugati» determini una gestione confusa e irrazionale degli interessi della prole.
Secondo il Tribunale, l’ammissibilità dei provvedimenti provvisori, nel rito ex articolo 38 disp. att. Cc e 737 Cpc discende da una interpretazione costituzionalmente orientata e more communitario del combinato disposto delle due norme.
Si legge nel provvedimento che è stata la stessa Cassazione a Sezioni Unite (sentenza 10064/13) ad affermare che rientra nell’ambito della tutela cautelare il potere che va riconosciuto al giudice di disporre misure interlocutorie.
Fonte: www.StudioCataldi.it