Un commento sul DDL Pillon
Nella sostanza, il DDL in questione intende rimediare alla notevole discrasia tra la previsione legale di affidamento condiviso (joint legal custody) e quella reale (joint real custody), ben lontana dall’essere stata attuata in quanto i principi cardine della legge sono stati “interpretati” dalla giurisprudenza di merito e legittimità in senso fortemente restrittivo, tanto che i tempi di frequentazione tra genitore non residente con i minori e questi ultimi restano del tutto comparabili con quelli medi registrati fino all’approvazione della Legge 54.
Ciò si è reso possibile anche per la sostanziale inefficacia della previsione normativa, contenuta nel nuovo testo dell’art. 337-octies, comma II, c.c., che ha sostituito l’art. 155-sexies c.c. grazie alla novella del 2013, con la quale la possibilità di una conclusione concordata in via stragiudiziale della lite familiare era subordinata alla ritenuta supposta opportunità da parte del giudice nonché al consenso di entrambi i coniugi genitori.
La combinazione dei due predetti elementi (permanenza di un sostanziale affidamento esclusivo in capo ad un genitore e consenso alla mediazione da parte di entrambi) ha, di fatto, acuito, anziché limitato, la litigiosità, attesa la speranza, in capo al genitore più conflittuale, di ottenere, in caso di via giudiziale alla soluzione della lite familiare, la certezza dell’assegnazione della casa familiare, indipendentemente dal titolo di proprietà, la prevalenza dei tempi di frequentazione nonché di un emolumento in danaro per il mantenimento dei figli, originariamente previsto dalla legge come meramente eventuale (art. 337-ter, comma IV, c.c.) ma, in realtà, previsto ormai come conseguenza immediata e diretta della collocazione abitativa dei figli, indipendentemente dalla situazione redditual-patrimoniale.
Allo scopo di dare seguito alle linee guida dd. 17.11.2010, con cui il Consiglio d’Europa incoraggia l’utilizzo di alternative al procedimento giudiziario quali la mediazione, la degiudiziarizzazione e la risoluzione alternativa delle controversie “ogniqualvolta queste possano servire al meglio l’interesse superiore del minore”, il DDL Pillon introduce il passaggio obbligato in mediazione familiare, nel caso in cui i genitori non abbiano con successo redatto e depositato il cd. piano genitoriale, con cui si danno linee guida nuove in ordine all’affidamento, alla frequentazione ed al mantenimento dei loro figli, proprio allo scopo di favorire la risoluzione non giudiziale delle controversie davanti ad un giudice ma davanti ad un professionista che lavora per la composizione della lite.
A tale scopo, il riconoscimento della funzione di estremo rilievo che ricopre il mediatore familiare è confermato dalla previsione di un albo specifico, a tutela della professionalità dei soggetti investiti di tale rilevante funzione mediatrice, nonché di compensi adeguati alla sua rilevanza, da stabilirsi con decreto ministeriale.
Le critiche al disegno di legge si concentrano soprattutto sulla supposta ritenuta obbligatorietà della mediazione familiare, che toglierebbe qualsiasi spontaneità alle volontà dei coniugi e, pertanto, negherebbe lo spirito volontaristico della mediazione stessa.
Si tratta di critiche, in realtà, poco fondate, atteso che, innanzitutto, si tratta di obbligatorietà del passaggio in mediazione, non certo della conclusione della mediazione, grazie a cui i coniugi sarebbero informati di quali siano le opportunità legate alla redazione di un piano genitoriale, quali siano i rischi connessi all’apertura della via giudiziaria nonché i costi, non solo economico-finanziari, legati alla lite processuale.
Un definitivo riconoscimento, insomma, dell’ineluttabilità di una mutazione genetica della giustizia familiare italiana, in cui la via giudiziale per la soluzione delle controversie sia definitivamente concepita come residuale, a scapito della prevenzione del conflitto nonché della strumentalizzazione delle controversie per finalità diverse da quella tipica della tutela minori.
Conditio sine qua non per il raggiungimento del risultato è la stretta connessione tra passaggio preventivo in mediazione familiare e la previsione legislativa di tempi sostanzialmente paritari, non inferiori al 35% del tempo per ciascuno, affinché il genitore conflittuale sia fortemente inibito a boicottare le vie stragiudiziali alla soluzione della crisi coniugale, sapendo di poter ottenere tempi di frequentazione superiori al 80%, assegno di mantenimento per i figli nonostante egli abbia patrimonio e redditi superiori o identici nonché l’assegnazione della casa familiare.
In definitva, lo scopo lodevole del DDL Pillon è disincentivare a tutti i costi l’avvio della lite giudiziaria, stimolando i genitori a concordare un piano genitoriale sostenibile e realmente condiviso e, contemporaneamente, facendo loro comprendere che boicottare la soluzione condivisa di tempi paritari e mantenimento diretto non farà ottenere loro i risultati sperati.
Trattasi di rivoluzione copernicana, che presumibilmente continuerà a suscitare polemiche e confronti, anche aspri: tuttavia, il DDL rappresenta un passaggio fondamentale per evitare che l’attuale situazione della giustizia familiare degeneri ulteriormente, fino a divenire “un grave problema di salute pubblica, per le conseguenze che hanno sul benessere delle persone coinvolte e sui processi di sviluppo dei figli esposti al conflitto” (G. B. Camerini).
Avv. Tomas Delmonte