Dopo la separazione dal 2003 al 2012, solo la casualità, errori da parte dei giudici o incompetenza?
Milano -·Dopo la separazione, bimba affidata alla madre: che la soffoca
16 gennaio 1992 – “Carmen era seduta sul letto, con Carole in braccio. Non la voleva lasciare. Ho dovuto prenderle la bimba con la forza, strappargliela. Ho tentato di farle la respirazione bocca a bocca ma non è servito. Abbiamo chiamato subito l’ambulanza. Mi hanno detto che non ce l’ha fatta”.
Giancarlo Castellazzi non riesce a darsi pace. Nell’appartamento vicino al suo, all’ottavo piano di una palazzina all’inizio di via Veneziano, ieri sera la piccola Carole, un anno e mezzo tra meno di un mese, è morta. Tutto lascia pensare che a soffocarla sia stata la madre, Carmen Ferigo, una donna di ventinove anni che, in agosto, aveva rotto col marito, sposato pochi mesi prima. “Al padre, l’avvocato Giampaolo Ferigo – spiega la signora Castellazzi – la ragazza ha ripetuto “l’ho uccisa io, l’ho uccisa io”. E a chi è arrivato nell’abitazione all’ultimo piano, alle sei e mezzo di ieri sera, la donna avrebbe detto che la bambina stava male, tossiva, e lei l’aveva aiutata a morire.
Poi si è sentita male, l’hanno portata al Policlinico dove la piccola era giunta poco prima senza vita e dove si è precipitato anche il padre. Carmen è stata visitata da un medico della divisioni psichiatrica, è in stato di fermo e il magistrato di turno ha annunciato “provvedimenti imminenti”, prima dell’autopsia che accerti definitivamente le cause della morte della bimba, molto probabilmente soffocata.
Il padre è arrivato subito all’ospedale di via Francesco Sforza, sconvolto, distrutto dal dolore. Ha spiegato che si erano lasciati in attesa di avviare le pratiche legali per la separazione. “Ci siamo divisi in agosto – fatica a raccontare Raimondo Palermo, 29 anni come la moglie, e un lavoro come guardia in un’agenzia di investigazioni – lei non stava molto bene, aveva dei disturbi”. Così, il 5 dicembre dell’anno scorso, si è deciso a presentarsi a un giudice del tribunale dei minorenni per raccontare tutta la storia e confessare le proprie preoccupazioni per la figlia, chiedendo che fosse tolta alla moglie e venisse affidata a lui.
Nell’appartamento di via Veneziano è rimasto il padre, un legale di 66 anni che si occupa da tempo di problemi e cause di zingari, incapace di spiegarsi la tragedia, e cui manca ormai la forza di aggiungere parole che aiutino a capire cosa sia potuto accadere. La figlia si era fatta rivedere a casa, con la nipotina, martedì mattina. Lui e la moglie erano usciti, ieri, dopo pranzo. Quando sono tornati per Carole non c’era più nulla da fare. “Ci hanno chiamato – racconta la vicina del pianerottolo – mio marito ha cercato di fare il possibile per far respirare la bambina ma non c’è riuscito. Io ho chiesto a Carmen “Cosa hai fatto. Perchè?” Ma lei aveva lo sguardo fisso, assente. Credo che nemmeno adesso si renda conto di quello che ha combinato”.
La signora, come molte altre inquiline dello stabile, la ragazza cresciuta al Corvetto con i suoi coetanei la conosce da sempre. “E’ laureata in giurisprudenza, come il padre – dice la signora Castellazzi – Si era sposata a marzo, due anni fa, e aspettava già Carole che è nata dopo pochi mesi. Poi ha avuto dei problemi con il marito. E ieri è tornata dai genitori. Per un po’ di tempo ha lavorato, credo, però non so cosa facesse adesso”.
Acireale (CT) -·Dopo la separazione, figlia affidata alla madre: che tenta di uccidere entrambe
18 febbraio 2003 – Un volo di oltre 60 metri tra sciare laviche ricoperte di vegetazione mediterranea, piccoli campi coltivati ad ortaggi o agrumi, per dire addio alla vita. È la Timpa di Acireale, teatro del progetto suicida di una donna separata di 36 anni, A. L., che nel suo folle gesto ha coinvolto anche la sua unica figlia di 8 anni, Francesca (nome di fantasia, ndr).
Ma per fortuna l’impatto violento sulla sciara lavica dell’ Etna, a strapiombo a mare, è stato attutito dalla vegetazione: così madre e figlia sono state salvate con due distinte e spettacolari operazioni di soccorso da vigili del fuoco, carabinieri e marina militare. Un’operazione congiunta che ha paralizzato il traffico sulla statale Catania-Messina per oltre due ore.
Madre e figlia sono adesso ricoverate in prognosi riservata all’ospedale Cannizzaro di Catania. Secondo i medici si salveranno entrambe. Ma la donna dovrà vedersela con la giustizia: è infatti piantonata dai carabinieri perché in stato di arresto per il tentativo di omicidio della figlia e per l’ incendio appiccato alla propria abitazione prima di uscire per tentare il suicidio.
La protagonista, dopo avere dato fuoco alla casa, ustionandosi le braccia, è salita sulla propria vettura, una Lancia Y10. È arrivata a grande velocità al Bellavista della Timpa di Acireale, puntando verso l’unico punto aperto del guard-rail. L’ auto ha divelto la catena di protezione ed è finita in un piccolo dirupo, dopo un volo di una decina di metri. Un passante, pensando ad un incidente stradale, si è fermato ed è sceso soccorrerle.
Non ha fatto in tempo a rassicurarle che la donna ha preso Francesca in braccio e si è messa a correre lanciandosi nel vuoto. Madre e figlia sono precipitate in un dirupo lavico, dopo un volo di circa 40 metri, davanti al testimone terrorizzato che ha chiamato subito i carabinieri.
La macchina dei soccorsi è scattata immediatamente. I primi ad arrivare, dopo i carabinieri, sono stati i vigili del fuoco.
Una loro squadra speciale è scesa, con corde, piccozze e ganci sulle scoscese pareti della Timpa ed ha raggiunto la bambina, che aveva una frattura cranica e il braccio sinistro spezzato. Ad un vigile del fuoco la bimba ha chiesto un panino imbottito, perché, ha spiegato all’incredulo soccorritore, «io sto male, ma ho fame». Ad un carabiniere ha raccontato anche della madre che «ha dato fuoco alla casa» e che «stava poco bene».
I soccorsi per la donna sono stati più difficili per la conformità del terreno, che è franoso. Si è reso così necessario l’ utilizzo di un elicottero della marina militare italiana che con un verricello e una barella speciale ha «sollevato» in aria la donna ferita.
Intanto altri vigili del fuoco avevano spento l’ incendio della casa della donna, che aveva il contratto di locazione in scadenza. Ma secondo i carabinieri la donna non aveva problemi economici: più probabile, ritengono gli investigatori, che all’origine della tragedia ci siano problemi sentimentali, con l’ ex marito dal quale è da anni separata.
Lurate Caccivio (CO) -·Dopo la separazione, bimba affidata alla madre: che l’accoltella
26 febbraio 2004 -·Ha colpito all’addome la figlia di soli due anni con un coltello. Poi ha rivolto la lama contro se stessa e si è ferita al torace. Una madre di 32 anni è accusata di aver tentato di togliere la vita a se stessa e alla sua bambina.
Entrambe sono ora ricoverate in gravi condizioni: la madre non sarebbe in pericolo di vita, anche se i medici non se la sentono di sciogliere la prognosi. Le condizioni della piccola sono invece più preoccupanti: la bambina, nella serata, è stata sottoposta ad un delicato intervento chirurgico per le gravissime lesioni interne riportate, quindi è stata ricoverata nel reparto di terapia intensiva.
Il dramma è avvenuto all’interno della Chiesa di San Luigi a Lurate Caccivio, cittadina di cinquemila abitanti, a una decina di chilometri da Como, lungo la strada che porta verso Varese. Attorno alle 17 la donna è entrata nell’edificio sacro con la bimba. Madre e figlia erano sole. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, la donna ha impugnato un coltello da cucina, probabilmente portato da casa, ed ha affondato un colpo nella pancia della piccola. Poi ha fatto lo stesso contro di sé.
La bimba, che non ha mai perso conoscenza, ha iniziato a piangere e urlare. Alcuni passanti, sentendo le grida, hanno aperto la porta della chiesa e si sono trovati di fronte ad una scena tremenda. La piccola a terra, sanguinante e urlante. La madre, anche lei ferita, che si segnava con l’acqua santa e urlava frasi sulla purificazione.
Una donna, la prima ad entrare in chiesa, ha visto la trentaduenne mentre si feriva: «Ho sentito urlare e sono entrata – racconta – l’ ho vista con il coltello in mano e le ho chiesto cosa stesse facendo. Lei mi ha risposto: Non preoccuparti, lo faccio per la pace nel mondo. Poi altre frasi sconnesse».
È stata la donna a dare l’ allarme. In pochi minuti Lurate Caccivio è stata presa d’assalto da sirene e lampeggianti: due ambulanze, i carabinieri e le pattuglie della squadra volante della Questura di Como. La madre è stata accompagnata all’ospedale Sant’ Anna, mentre la bimba è ora ricoverata al Valduce. Le condizioni della bambina si sono aggravate con il passare delle ore. Nel sottoporla ad un’operazione chirurgica d’urgenza, i medici hanno scoperto che le lesioni causate dall’accoltellamento erano decisamente peggiori di quanto ipotizzato in un primo momento. Per questo motivo la prognosi è riservata.
La trentaduenne, dopo le prime cure, è stata trasferita nel reparto di psichiatria, piantonata dai carabinieri: la magistratura ha aperto un’inchiesta sull’accaduto ed a carico della donna è stato ipotizzato il reato di tentato omicidio.
Gli investigatori, intanto, hanno iniziato a scavare nella sua vita per cercare di comprendere i motivi di un gesto apparentemente senza spiegazione. Da quanto ricostruito pare che la giovane madre soffrisse di crisi depressive. Soprattutto dopo la morte del padre, avvenuta circa un anno fa, e la separazione dal marito. Crisi che però nessuno immaginava potessero sfociare in un dramma simile.
«Non può essere vero», ripete quasi più a se stesso che ai cronisti il parroco, don Luigi Zoni, 64 anni. La sua casa è lì, a pochi passi dalla chiesa di San Luigi, teatro del dramma. «È successo tutto poco dopo le 16 e io, a quell’ora, non ero in canonica. Quando sono rientrato, un’oretta più tardi, mi hanno avvertito che alcune donne, sentendo urlare, erano entrate in chiesa e là dentro… ». Scuote la testa il sacerdote: «È incredibile. Conosco bene quella giovane donna e a questo dramma non so trovare una spiegazione logica. Forse perché quanto successo non è spiegabile».
Una donna, commerciante in paese, non sa darsi pace. «La conoscevo bene – ammette – e nessuno si sarebbe potuto aspettare una cosa del genere. Mi vengono i brividi soltanto al pensiero di quel che è successo». Aggiunge un’anziana: «So che aveva problemi familiari ma non tali da indurla ad accoltellare la figlioletta e poi a rivolgere il coltello contro se stessa. A me sembrava serena, che cos’altro posso dire?».
Menaggio (CO) -·Dopo la separazione, figli affidati a madre: che tenta di accoltellarne uno
10 marzo 2007 – Una discussione tra madre e figlio ha rischiato di trasformarsi in tragedia. La donna ha impugnato un coltello da cucina ed ha iniziato a menar fendenti all’indirizzo del ragazzo. La donna, 40enne, è piantonata in ospedale con l’accusa di tentato omicidio, dopo che durante un diverbio ha accoltellato il figlio di 15 anni.
Il ragazzo se l’è cavata con ferite lievi (prognosi di 10 giorni). Sono stati i medici del pronto soccorso a contattare gli inquirenti, dopo che hanno visto arrivare in ospedale il 15enne sanguinante a una mano, accompagnato dalla sorella maggiore. Ai sanitari i due ragazzi hanno spiegato che a causare la ferita era stata una coltellata inferta dalla madre, con la quale i due figli vivono dopo la separazione dal marito.
Da quanto ricostruito, pare che durante un banale litigio la donna abbia impugnato il coltello e che il ragazzino, nel tentativo di difendersi, si sia ferito alla mano. Stamani la madre sarà interrogata dal gip per la convalida dell’arresto.
Cagliari -·Dopo la separazione, figli affidati alla madre: che li segrega fra i rifiuti
12 settembre 2008 -·Cagliari, una perdita d’acqua fa scoprire gli orrori di una casa vicino al centro. La madre arrestata per maltrattamenti e abbandono di minori. I tre bambini di 7, 12 e 13 anni affidati ad un istituto, il papà non può accudirli.
Telefonata nella notte ai vigili urbani perché dal piano di sopra pioveva acqua e nessuno apriva la porta: bisognava forzarla, i vigili del fuoco attrezzati per farlo, però non bastavano perché ci voleva un’autorizzazione, e così sono arrivati gli agenti della squadra Volante.
Mezzora dopo la telefonata per l’acqua, vigili e poliziotti entravano in un antro maleodorante, disseminato di immondizie verminanti, escrementi umani e animali, piatti di plastica con cibo putrefatto e tre bambini, chiusi a chiave con due gatti in una stanza, addormentati nudi su materassi senza lenzuola, impregnati di urina. La madre è stata arrestata.
Le manette gliele hanno messe nella stanza accanto: all’una e trenta era arrivata mentre agenti e vigili armeggiavano davanti alla porta di casa sua, sesto piano di una palazzina normale, vicino a piazza Giovanni XXIII, centro città, senza apparenti disagi abitativi, e nicchiava davanti alla richiesta dei vigili di entrare a cercare la perdita.
Voleva far da sola, ma gli agenti, vista la portata della colata d’acqua al piano di sotto, hanno insistito per sostenere i vigili del fuoco, certi che ci fosse qualcosa di urgente da sistemare. Così si sono infilati nella porta e basta, seguendo la donna che alla fine ha acceso la luce sulle incredibili condizioni del suo appartamento: neppure piccolo, qualche stanza, due bagni, cucina.
«Vive sola?», le hanno chiesto gli agenti ed è saltato fuori il resto. «Ci sono i bambini, dormono». «Vediamoli», hanno tagliato corto i poliziotti sconcertati.
La donna ha preso una chiave e ha aperto la porta della loro camera. Un altro antro nero, con un letto a castello e due soli materassi, due figli di 12 e 13 anni coricati assieme giù, e il bambino di 7 anni nel piano di sopra. Dormivano, si sono svegliati e hanno cercato di nascondersi dietro il misero letto. Era chiusa a chiave anche la porta finestra che dà sulla veranda.
C’erano cumuli di immondizie e resti di cibo pure in quella stanza, escrementi dei bambini e dei gatti, cibo per gatti, un tanfo irrespirabile. La donna è stata arrestata in flagranza di maltrattamento e abbandono di minori; ai bambini gli agenti hanno tentato di spiegare quel che stava succedendo, è stato chiamato il padre (separato dalla madre), che non si è rifiutato di prenderli ma ha anche detto che non sapeva neppure dove li avrebbe potuti far dormire.
Così gli agenti – che intanto avevano avvertito il magistrato di turno Alessandro Pili e la procura del tribunale per i minori – hanno portato i tre bambini in una comunità adatta a loro e adesso la magistratura minorile dovrà cominciare le ricerche per capire molte cose: cos’è successo in quella famiglia, com’è che nessuno – scuola, vicini, parenti – ha potuto intuire e segnalare, perché la madre è arrivata a quel punto.
Gli agenti, guidati dal dirigente della squadra Volante Gian Franco Murgia, hanno cominciato le indagini sulla condotta dei familiari e, quando madre e bambini avevano lasciato la casa, hanno chiamato i colleghi della polizia Scientifica per i rilievi. Dentro il frigorifero cibi putridi coperti di mosche, in bagno escrementi a cielo aperto: ieri mattina il dirigente spiegava che, a memoria sua e dei collaboratori, mai in città era stata trovata una situazione del genere, a tratti anche inspiegabile.
Lei, quarant’anni, nata vicino a Cagliari, probabilmente aveva un lavoro come donna delle pulizie, non si sa per ora se in un’impresa o in una casa privata. Il marito, legalmente separato, fa il cameriere in un locale. Ieri, anche se non si è sottratto alla proposta di custodirli, gli agenti hanno ritenuto opportuno avvertire le magistrature competenti sul caso e chiedere di portare via i piccoli. Già oggi la donna sarà ascoltata in carcere (Buoncammino) e si valuterà la posizione del marito.
Foligno (PG) -·Dopo la separazione, figlia affidata alla madre: che la tratta da schiava
24 marzo 2009 – Una donna è stata denunciata per maltrattamenti dal personale del commissariato di Foligno. Per lei l’accusa è di vessazioni psicologiche nei confronti della figlia di poco più di 11 anni e di averla colpita con qualche schiaffo. La piccola è stata affidata temporaneamente ad altri familiari dal tribunale dei minorenni di Perugia.
Sull’indagine , ancora in corso, viene mantenuto il massimo riserbo, così come sull’identità delle persone coinvolte.
La donna indagata è separata dal marito da qualche tempo, e la bambina viveva con lei. In base alla versione accusatoria la bambina veniva picchiata, obbligata a fare tutti i servizi necessari per portare avanti una casa e umiliata sul modo di vestirsi e sui compiti scolastici. Dagli accertamenti è per altro emerso che il padre fosse all’oscuro di questi episodi.
Civitavecchia (RM) -·Dopo la separazione, figlio affidato alla madre: che lo abbandona da solo in casa
7 aprile 2009 – Una storia che è venuta alla luce soltanto ieri, intorno all’una del pomeriggio. Al 113 arriva una telefonata, dall’altra parte del filo un bambino di undici anni. Questi racconta all’agente di polizia di essere solo in casa, che è una cosa che succede spesso. La madre, trent’anni di Civitavecchia, lavora saltuariamente presso una ditta di pulizie; separata dal marito di dieci anni più grande di lei, operaio.
Il bimbo racconta che viene spesso e volentieri lasciato da solo. L’agente, lì per lì, pensa che si tratti di uno scherzo, ma per scrupolo avverte chi di dovere e parte una macchina della polizia verso l’indirizzo fornito dal bambino, in un quartiere popolare della città. Gli agenti del vice questore Sergio Quarantelli arrivano ed effettivamente trovano il ragazzino solo in casa. A quel punto i poliziotti vogliono vederci più chiaro, e si fanno raccontare tutto dal bambino.
Questi dice che la mamma spesso lo lascia solo, che deve prepararsi il pranzo, a volte la cena, perché la madre esce anche la sera, rientrando piuttosto tardi, a notte fonda. A volte lo picchia, e quindi lui vorrebbe andare dal padre.
La polizia quindi, ha fatto scattare la denuncia per abbandono di minore e per maltrattamenti i famiglia nei confronti della donna. Ha avvertito la procura presso il tribunale dei minori di Roma, che seduta stante ha affidato il piccolo al papà.
Taranto -·Dopo la separazione, figli affidati alla madre: che li picchia fino a rompere il naso
10 settembre 2009 -·Una donna di 26 anni, è stata arrestata dalla Polizia in provincia di Taranto con le accuse di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali aggravate nei confronti dei figli, uno dei quali, di 4 anni, ha riportato gravi lesioni ed è ricoverato in ospedale in attesa di intervento chirurgico.
È accaduto lunedì scorso, e, dopo la denuncia da parte dell’ex marito della donna, che aveva notato i segni di violenza sul volto del bambino, la polizia ha avviato le indagini. I bambini hanno raccontato al padre che la madre aveva colpito con il manico di una scopa, il più piccolo dei figli, causandogli una frattura nasale.
L’uomo, dopo aver portato il piccolo in ospedale per accertamenti, ha denunciato l’accaduto e gli agenti hanno verificato che già in passato la donna si era resa responsabile di analoghi episodi nei confronti dei piccoli. Alla luce degli elementi raccolti a carico della donna e considerato il pericolo che la stessa potesse reiterare questi comportamenti, la 26enne è stata arrestata.
Castenaso (BO) -·Dopo la separazione, figli affidati alla madre: che li uccide entrambi
24 settembre 2009 -·Una donna di 36 anni, italiana, ha ucciso i suoi due figli – un bimbo di sei e una bimba di cinque anni – all’interno della loro abitazione di Castenaso, grosso comune alle porte di Bologna, e poi si è uccisa gettandosi dalla terrazza al secondo piano di una palazzina di via Mazzini, nel centro del paese.
Secondo le prime notizie, la madre – di cui non sono state diffuse le generalità – avrebbe soppresso i due bambini durante la notte, accoltellandoli e poi affogandoli, anche se la dinamica è ancora da chiarire. La donna, che è separata dal marito, ha poi messo fine alla sua vita con il salto nel vuoto.
Sono intervenuti i carabinieri della compagnia di Medicina e del Reparto operativo di Bologna. L’inchiesta sulla tragedia familiare è coordinata dal sostituto procuratore di turno, Marco Imparato.
Mamoiada (NU) -·Dopo la separazione, bimba affidata alla madre: ma fugge nel gelo della notte per raggiungere il papà
5 dicembre 2009 -·Voleva raggiungere il padre a Mamoiada, così è uscita silenziosamente da casa mentre la madre dormiva e si è incamminata da sola sulla tangenziale, determinata a farsi venti chilometri a piedi, nonostante l’oscurità e il freddo pungente di una notte da lupi. Alcuni automobilisti l’hanno notata mentre, spaventata e infreddolita, vagava avvolta nel suo piumino all’interno della pericolosissima galleria di Mughina e, senza perdere tempo, hanno avvisato i carabinieri, che fortunatamente l’hanno raggiunta nel giro di pochi minuti e portata subito al sicuro. Protagonista della struggente fuga una bimba di dieci anni che, da quando i genitori si sono separati, vive con la madre a Nuoro.
L’episodio, che poteva avere conseguenze tragiche, è accaduto nella notte di giovedì. Quasi certamente la piccola aveva studiato il suo piano da tempo, ma ha deciso di metterlo in pratica solo l’altro ieri, quando ha trovato il coraggio necessario. Dietro la fuga non ci sarebbe infatti alcun litigio con la madre, ma solo la disperata voglia di stare insieme all’amatissimo padre e vivere con lui. Un desiderio di cui probabilmente in pochi si erano accorti, di certo non i giudici che hanno deciso a chi tra i genitori affidarla.
Così giovedì la bimba ha deciso che era arrivato il momento di correre dal babbo: ha atteso che la madre andasse a dormire, poi si è alzata dal letto e si è rivestita, stando attenta a non fare il minimo rumore. Poi ha preso con sé pochi effetti personali, si è infilata il giubbotto imbottito di piume ed è uscita dal portone. La mamma non si è accorta di nulla e ha continuato a dormire tranquillamente.
Una volta in strada la bimba ha percorso alcune vie cittadine, passando da piazza Veneto e ridiscendendo la strada che costeggia l’anfiteatro comunale. Pochi minuti ed è arrivata all’imbocco della tangenziale, con in testa la folle idea di percorrerla tutta per arrivare così sino alla statale 389 che porta a Mamoiada. Un percorso che la bimba conosce bene, visto che l’ha fatto tante volte in auto insieme al padre. E che aveva deciso di ripetere a piedi, pur di coronare il suo sogno.
Attorno all’una e trenta alcuni automobilisti che transitavano nella galleria di Mughina l’hanno vista camminare a passo spedito rasente alla parete del tunnel. Non si sono fermati, forse per paura di provocare incidenti. Ma non hanno esitato un attimo a prendere il cellulare e comporre il 112. «C’è una bimba che sta camminando dentro la galleria della tangenziale – hanno detto alla sala operativa dell’Arma – intervenite subito perché rischia di essere investita». I militari non hanno perso un secondo e una pattuglia che si trovava in zona è stata subito spedita nel punto indicato dai testimoni.
Quando la gazzella è arrivata nella tangenziale la bimba era ormai uscita dalla galleria e stava proseguendo la sua marcia in direzione della 389. Con molta delicatezza i militari l’hanno soccorsa, facendola salire in auto. Lei ha detto solo una frase: «Voglio andare da babbo». Poi, una volta in caserma, ha rivelato il suo nome. Quando i carabinieri hanno bussato alla porta di casa sua, la madre dormiva ancora. Non si era accorta di nulla. Ora rischia una denuncia per omesso controllo di minore.
Migliarina (SP) -·Dopo la separazione, figlio affidato alla madre: che lo picchia. Salvato dal padre
18 gennaio 2010 -·Una giovane donna avrebbe picchiato il figlio con una stecca. A denunciare l’episodio il figlio, minorenne, che ha chiesto l’intervento del padre.
Il tutto sarebbe accaduto l’altra sera a Migliarina. Una giovane donna, separata dal marito, avrebbe avuto un violento litigio con il figlio adolescente, nel corso del quale sarebbe arrivata a picchiarlo con una stecca.
E’ quanto ha riferito il figlio al padre, chiamandolo al telefono e chiedendo un suo intervento. L’uomo ha chiamato i Carabinieri ed una pattuglia è giunta sul posto. La donna ha negato di aver picchiato il figlio, mentre questi ha dichiarato di aver subito violenze anche in passato.
Il Tribunale dei minori si sta ora occupando del caso.
Slovenia -·Dopo la separazione, figli affidati alla madre: che li soffoca entrambi
28 marzo 2009 – (Apcom) Tragedia familiare a Sesana, una cittadina in Slovenia a pochi chilometri da Trieste. Una madre 35enne ha soffocato i due figli, di due e quattro anni, nella sua abitazione. La donna, secondo quanto si apprende, li avrebbe uccisi nella notte tra sabato e domenica.
La notizia viene riportata oggi dal quotidiano ‘Il piccolo di Trieste’. La notizia, però, è stata resa nota solo ieri dalla Polizia di Capodistria, con un breve comunicato inviato ai giornali.
Dopo avere soffocato i due figlioletti, Ema di due anni e Mitja di quattro, ha chiamato suo padre, Iztok Mislej, un medico che vive nella stessa località sul Carso sloveno. L’uomo, arrivato nell’abitazione della figlia, ha trovato sul divano, uno accanto all’altro distesi, i corpi esanimi dei due bambini. È stato inutile il tentativo dell’uomo di rianimarli. L’ambulanza è stata chiamata proprio dal padre della donna, che ha poi avvisato anche Edward Gorup, il padre dei due bambini, separato dalla moglie.
Alla donna, dopo la separazione dal marito, erano stati assegnati i due figli.
Secondo una prima ricostruzione i due bambini potrebbero essere stati soffocati con un cuscino.
24 marzo 2010 – Pallida, provata, ha ascoltato la sentenza impassibile, senza reagire: Kristina Mislej, la donna che ha ucciso i suoi due figli, Mitja di 4 ed Ema di 2 anni, è stata condannata a 20 anni di carcere. Le condanne in realtà sono due: 14 anni per ognuno dei due figli uccisi, ma la pena cumulativa è di 20 anni di reclusione.
Il fatto, che ha scosso l’opinione pubblica slovena, ma anche quella triestina – la Mislej, 36 anni, estetista, aveva lavorato per un periodo anche a Opicina – risale al 28 marzo 2009. Quel giorno, in un appartamento del condominio a poca distanza dal centro di Sesana, la donna, che aveva problemi con l’alcol, ha ucciso, soffocandoli probabilmente nel sonno, i suoi due figli.
Poco dopo mezzanotte aveva telefonato al padre Iztok Mislej, uno stimato medico che vive nella stessa località del Carso sloveno, chiedendo aiuto. Non sentiva più respirare i piccoli, aveva detto. L’uomo si è precipitato subito nell’appartamento della figlia. Lì Kristina era in attesa; sul divano erano distesi, uno accanto all’altro, i due piccoli corpi esanimi. Per loro non c’era più nulla da fare: tutti i disperati tentativi di rianimarli si sono rivelati inutili.
Nella sentenza, letta dal giudice Darja Srebotic, che ha presieduto la Corte del Tribunale circondariale, si rileva come le prove raccolte nel corso delle indagini dimostrano senza ombra di dubbio che al momento dell’omicidio, tra le 18 e le 24 di quel giorno, la Mislej era in casa da sola con i due bambini. L’ex consorte della donna e padre delle due vittime, Edvard Gorup (all’epoca i due erano già separati) in quel momento si trovava altrove.
Non è stato invece possibile stabilire se i piccoli sono stati uccisi nel sonno e in quale stanza dell’appartamento fosse stato commesso il duplice infanticidio.
Perugia -·Dopo la separazione, figlia affidata alla madre: che la fa violentare e uccidere dal nuovo convivente
18 luglio 2005 -·Si è avvalsa stamani della facoltà di non rispondere, davanti al gip di Perugia, Tiziana Deserto, la madre di Maria Geusa, la bambina uccisa nell’aprile dell’anno scorso a Città di Castello che stamani doveva essere interrogata nell’ambito del processo con il rito abbreviato a Giorgio Giorni, l’imprenditore accusato del delitto.
La donna, 32 anni, originaria di Manduria (Taranto) deve rispondere di concorso nell’omicidio e nella violenza sessuale, nonché di maltrattamenti nei confronti della figlia. ”Risponderà quando ci sarà il suo avvocato” ha spiegato all’uscita dall’aula l’avvocato Eugenio Zaganelli, uno dei legali della famiglia Geusa. Il difensore di fiducia della Deserto, l’avvocato Gianni Zaganelli, è infatti assente da tempo perché malato.
La madre di Maria Geusa – che si è sempre proclamata estranea agli addebiti – ha lasciato il palazzo di giustizia senza parlare con i giornalisti. Con lei, come sempre, il marito Massimo. Il processo con il rito abbreviato a Giorni – accusato di omicidio e di avere violentato la bambina – è stato quindi rinviato al 12 settembre per sentire i periti medico-legali.
Il 19 settembre compariranno invece davanti al gip gli esperti che hanno esaminato le tracce di Dna trovate sui vestiti della piccola. Dal 4 al 6 ottobre è stata invece fissata la discussione del processo.
Mercoledì riprenderà invece l’udienza preliminare a carico della Deserto (la posizione della quale era unita inizialmente a quella di Giorni ma è stata poi separata in seguito al malore dell’avvocato Gianni Zaganelli). Il gip sentirà, con la formula dell’incidente probatorio, l’imprenditore originario di Sansepolcro arrestato subito dopo l’omicidio.
Oggi il suo difensore, l’avvocato Giancarlo Viti, ha preferito non dire se il suo assistito (già interrogato il 28 maggio scorso nel processo a suo carico) risponderà alle domande del giudice.
Giorni ha sempre sostenuto di avere colpito la bambina (che gli era stata affidata dalla madre) nella sua abitazione di Città di Castello, negando però di averla voluta uccidere. Giorni ha inoltre sempre respinto l’accusa di avere violentato Maria Geusa.
9 giugno 2010 – La Corte d’Assise d’Appello di Perugia ha confermato oggi la condanna a 15 anni di reclusione per Tiziana Deserto, la madre di Maria Geusa, la piccola morta a due anni e 7 mesi nell’aprile del 2004. La bambina era stata violentata sessuale e poi brutalmente picchiata da Giorgio Giorni, condannato all’ergastolo, a cui la Deserto affidava la bambina. La donna è stata condannata per concorso in omicidio e violenza sessuale ai danni della bambina, e assolta per l’accusa di maltrattamenti. Tiziana Deserto, si è sempre proclamata innocente, e lo ha fatto anche ieri rivolgendosi alla Corte, ” giudicatemi serenamente perché sono innocente” aveva ripetuto. Il pg Giancarlo Costagliola aveva chiesto che la donna venisse condannata a 19 anni di reclusione (poi furono 15 quelli a sentenza, ndr.), come già era stato chiesto in primo grado dalla pubblica accusa. Per l’accusa Tiziana Deserto, avrebbe “ceduto” la bambina a Giorni, consapevole delle violenze dell’uomo. E Tiziana non poteva non essersi accorta di “segni inequivocabili”. Per la Procura, c’era una “comunanza d’intenti” tra la donna e Giorni. Gli avvocati Gianni ed Eugenio Zaganelli, autori di un’appassionata difesa, avevano invece sollecitato l’assoluzione della loro assistita. Secondo la loro ricostruzione, la Deserto, insoddisfatta della vita che conduceva, avrebbe visto nel datore di lavoro di suo marito “una svolta”. Secondo la difesa, la donna si era innamorata di lui, si fidava talmente tanto da affidargli la bambina, anche e soprattutto, in vista di una futura convivenza, data per certa dalla Deserto. Per questo quella fatidica mattina, quando lui si offrì di badare alla bimba invece di portarla all’asilo, lei ne fu ben felice, convinta che servisse per farli conoscere. Maria Geusa morì il 6 aprile 2004 nell’ospedale di Città di Castello dopo un giorno di coma irreversibile, due arresti cardiaci e sofferenze irripetibili testimoniate dal corpicino martoriato della piccola: lesioni interne ed esterne e gravi lesioni sessuali. Maria è morta per lo “Shaken baby syndrome”, ovvero la sindrome del bambino scosso.
17 maggio 2012 – Per Tiziana Deserto la condanna per concorso nell’omicidio della figlia Maria Geusa, morta all’età di due anni e sette mesi a Città di Castello è ora definitiva. Dopo una lunga camera di consiglio la Cassazione ha infatti confermato stasera i 15 anni di reclusione (tre condonati) inflitti in primo e secondo grado dai giudici di Perugia, pur escludendo l’aggravante della crudeltà. Per la donna – indagata finora a piede libero – a breve si apriranno quindi, forse già domani le porte del carcere. Anche se lei si è sempre proclamata innocente.
«Devo accettarla. Non posso fare diversamente» ha detto la Deserto a uno dei suoi difensori, l’avvocato Eugenio Zaganelli, riferendosi alla sentenza, attesa nella casa della madre a Latiano (Brindisi). La donna è stata condannata anche per concorso nella violenza sessuale subita dalla figlia.
Alla Cassazione avevano fatto ricorso i suoi difensori, gli avvocati Gianni ed Eugenio Zaganelli, chiedendo l’annullamento della sentenza d’appello e quindi l’assoluzione della loro assistita.
Maria Geusa morì il 6 aprile del 2004 in seguito alle violenze subite dall’imprenditore edile Giorgio Giorni, condannato definitivamente all’ergastolo. Secondo la ricostruzione accusatoria, la Deserto gli affidò la figlia dopo essersi innamorata dei lui. Per Giorni lavorava anche il padre della bambina.
La Deserto si è sempre proclamata estranea alle accuse sostenendo di essere stata all’oscuro delle violenze sulla figlia e di essersi fidata di Giorni, per il quale lavorava il marito.
Dopo avere a lungo vissuto a Città di Castello la donna era tornata con la famiglia in Puglia, regione della quale è originaria e ora vive in un piccolo centro della provincia di Brindisi.
Caltanisetta -·Dopo la separazione, figli affidati alla madre: che li trascura ed impedisce loro di vedere il padre
10 agosto 2010 -·Deferita in stato di libertà G.L., nissena di 34 anni, separata, casalinga, per abbandono di minori e “mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice”. La donna, incurante delle prescrizioni imposte dal decreto di separazione coniugale, precludeva al marito di incontrare i figli minori, che più volte lasciava in stato d’abbandono.
Gela (CL) -·Dopo la separazione, figli affidati alla madre: che li annega
23 aprile 2010 – Una donna ha tentato di uccidersi insieme ai figli gettandosi in mare, lei si è salvata mentre i due bambini di 2 e 9 anni sono morti. È una tragedia senza fine quella avvenuta sulla spiaggia di Gela, in provincia di Caltanissetta.
V.L.P, 30 anni, si è recentemente separata dal marito. Dopo l’omicidio e tentato suicidio, nella zona balneare di Manfria, ha chiamato i carabinieri dicendo di aver ucciso i propri figli. Quindi è stata portata in ospedale e lì le sono stati somministrati dei sedativi. La donna è giunta sul posto (a sei chilometri dall’abitato, in direzione di Licata) con una Nissan Micra, che è stata ritrovata vicino alla spiaggia. Difficili le operazioni di recupero dei due corpi a causa del mare mosso: quello del bambino di 9 anni è stato trovato dai carabinieri e sono in corso le ricerche dell’altro. I due piccoli portavano il cognome del padre, D’Augusta. Secondo quanto riporta l’agenzia·Agi il bambino più grande soffriva di autismo.
Cartello agghiacciante, al limite dell’apologia d’infanticidio
27 aprile 2010 – Una composizione di rose bianche a forma di cuore con la scritta «mamma» e un piccolo pupazzo di Winnie the Pooh. Sono gli ultimi «regali» ai suoi bambini di V.L.P., la casalinga di 31 anni che venerdì scorso ha annegato i due figli Andrea Pio e Giuseppe Rosario, di due e nove anni, perché affetti da autismo.
Le rose e il pupazzo erano tra le due bare bianche all’interno della chiesa di San Rocco a Gela, affollata da tantissime persone, dove stamani si sono svolti i funerali.·All’esterno della parrocchia una grande cartellone con tanti palloncini bianchi, fatto preparare dai familiari della donna: raffigura le foto dei due bimbi e la scritta «La nostra mamma ci ha riservato un futuro migliore».
Alla cerimonia erano presenti i genitori e i fratelli di V.L.P e il marito Marco D’Augusta, 38 anni, che da sei mesi era separato dalla moglie. Le due famiglie, che siedono su file opposte, si sono divise anche sulla scelta della chiesa dove celebrare le esequie. Assente invece la mamma dei due bimbi che da ieri è agli arresti domiciliari in una clinica di riabilitazione neuro-motoria di Troina (Enna).
«Siamo qui non per dare giudizi, né per condannare», ha detto nella sua omelia Don Enzo Romano, il parroco della chiesa di San Rocco. Il sacerdote li ha definiti «due piccoli martiri» ma ha ammonito: «non sappiamo quale dramma ha potuto vivere la madre in quel momento. Solo Dio sa quello che ha provato nel cuore e nella mente, un inferno che le ha fatto perdere la ragione». Il parroco ha anche sottolineato che «sono state dette tante stupidaggini: questo è il momento di stare in silenzio e capire». All’inizio della cerimonia la sorella di V.L.P, Lorena, è svenuta per la tensione ma si è ripresa quasi subito e ha continuato ad assistere al rito. Nei primi banchi, accanto alle due bare bianche, sono presenti anche la preside e gli insegnanti della scuola elementare «Quasimodo» che era frequentata da Giuseppe Rosario.
Nessuna riconciliazione tra le famiglie. Nessuna riconciliazione, nemmeno di fronte all’appello dal parroco che ha invitato a «scambiarsi un segno di pace», tra le due famiglie. I genitori e le sorelle e il fratello di Vanessa sono rimasti fermi sui loro banchi, così come il marito della donna, Marco D’Augusta, che si trova sulla fila opposta insieme ai sui familiari.
La zia: in paradiso potrete giocare. «Siamo felici perché finalmente potrete giocare con altri bambini, lassù in Paradiso». Lo ha detto la sorella che all’inizio della cerimonia era anche svenuta, è salita sul pulpito per l’ultimo saluto ai nipotini: «adesso potrete fidanzarvi e non avrete mai la possibilità di una delusione amorosa», ha aggiunto con un implicito riferimento alla separazione tra i genitori dei due bimbi. E rivolgendosi ad Andrea Pio, il più piccolo dei due fratellini, ha concluso: «ti volevo dare il mio amore, il calore, ma è stato tutto inutile».
4 settembre 2010 – Incapace di intendere e di volere. La perizia della procura di Gela conferma che le condizioni psicologiche di V.L.P, la donna che ad aprile ha annegato i due figli di 9 e 2 anni, erano labili. Nei giorni scorsi i consulenti incaricati dal sostituto Monia Di Marco hanno consegnato la perizia effettuata sulla donna. Psicologi e psichiatri, nominati anche dalla difesa della donna e dall’ex marito di quest’ultima, hanno confermato lo stato mentale di V.L.P.
Quando la mattina del 23 aprile scorso fece annegare nel mare di Manfria, a circa 8 chilometri dal centro abitato di Gela, i figli Giuseppe e Andrea, la giovane madre era affetta da stato ansioso e depressivo. Non ha ucciso dunque con premeditazione i suoi bambini, affetti da autismo.
I consulenti sono stati incaricati dalla Procura di Gela lo scorso 8 maggio. L’obiettivo è quello di verificare l’imputabilità dell’imputata, che si trova agli arresti domiciliari in una struttura del Trentino con l’accusa di duplice omicidio aggravato.
I periti hanno stabilito che V.L.P. non era in se quando ha ucciso i suoi bambini. Prima di chiudere il cerchio la procura vuole però completare la fase d’indagine preliminare con un incidente probatorio. Lo ha già chiesto al Gip, mentre il legale della donna chiederà, proprio sulla base della perizia, la scarcerazione della sua assistita.
Se anche dall’incidente probatorio emergerà la non imputabilità di V.L.P., l’inchiesta giudiziaria potrebbe essere archiviata senza alcun processo. La tragedia di Gela sconvolse la collettività e le immagini dei due bambini fecero il giro dei media nazionali.
18 settembre 2010 – L’infanticida che ad aprile ha annegato i due figli autistici, è una donna libera. Lo ha deciso il Gip del tribunale di Gela, Veronica Vaccaro, con il parere favorevole della procura. La giovane madre avrà soltanto l’obbligo di divieto di dimora a Gela, la città dove vivono genitori e sorelle, oltre che il marito dalla quale si stava separando. La richiesta di scarcerazione era stata formulata dai legali Flavio Sinatra e Raffaella Nastasi. V.L.P si trovava agli arresti domiciliari presso una struttura specializzata di recupero nel trentino, dove da mesi sta seguendo un percorso terapeutico di tipo psicologico. Malgrado abbia la possibilità adesso di recarsi in qualsiasi città, in totale stato di libertà, sia la giovane madre che i familiari, hanno deciso di continuare la terapia nel centro in provincia di Trento. Continuerà a curarsi.
Secondo il Gip sono venute meno le esigenze cautelari. Il magistrato ha valutato con grande attenzione la perizie di parte, sia quelle disposte dalla Procura che quelle prodotta dalla difesa, depositate il 3 settembre scorso. Psicologi, psichiatri, nominati anche dalla difesa della donna e dall’ex marito, hanno confermato lo stato mentale di V.L.P. «Incapace di intendere e di volere». È stato questo il responso che ha fatto pendere dalla parte della donna la perizia, che ha ucciso i due figli di 9 e 2 anni, Giuseppe e Andrea, annegandoli nel mare di Manfria.
Aprilia (RM) -·Dopo la separazione, figlia 16enne affidata alla madre: che la prostituisce
13 ottobre 2010 – Sesso in auto con il compagno della madre che assiste alla scena. E’ successo la scorsa sera a La Gogna, zona periferica di Aprilia. La protagonista della vicenda ha solo 16 anni e, a detta dei carabinieri, questa potrebbe non essere stata la prima volta. L’uomo e la donna sono finiti in manette con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di minore; per il primo si sono spalancate le porte del carcere di Latina, lei è a Rebibbia.
La scena che si è presentata agli occhi degli uomini dell’Arma, impegnati nel controllo del territorio, è stata agghiacciante. Nella piccola utilitaria di proprietà dell’uomo, ferma in una zona buia e isolata, c’erano la ragazza, completamente nuda, il 59enne compagno della madre che aveva pochi abiti addosso e la donna stessa, di 44 anni, vestita. In un angolo dell’abitacolo c’era lo zainetto del 59enne nel quale i militari hanno trovato diversi preservativi. Alla vista dei carabinieri, i tre avrebbero inizialmente negato che nella vettura si stesse consumando un rapporto sessuale. Solo in un secondo momento sarebbe arrivata l’ammissione della madre.
«La 16enne – spiega il maggiore Luca Nuzzo della Compagnia di Aprilia – dimostrava una certa disinvoltura. Sospettiamo che non si trattasse di un caso isolato». Resta da chiarire se si trattava di rapporti occasionali o concordati e se fosse una sorta di «addestramento» alla prostituzione. I tre, infatti, originari della provincia di Roma, ma da anni residenti ad Aprilia, vivono tutti nella stessa casa, a Campoverde, insieme al marito della donna (malato e dal quale si è separata) e agli altri tre figli: la gemella della 16enne e due minori di 13 e 14 anni.
Nel 2003 la 44enne era stata sorpresa a prostituirsi nella propria abitazione e il Tribunale di Roma le aveva tolto i figli, affidati a delle famiglie di Roma e Aprilia. Il compagno, senza un lavoro fisso, era finito in manette, 15 anni fa, per traffico internazionale di sostanze stupefacenti e possesso di armi.
Tufo (AV) -·Dopo la separazione, madre affidataria denunciata dalla figlia, che si rifugia dal padre
19 novembre 2010 -·Maltrattata, trascurata e con una storia familiare alle spalle davvero difficile. Case popolari di Tufo, comune dell’Irpinia, quell’appartamento al piano rialzato è sempre stato la casa degli orrori. Perché quella ventenne di B.D. ogni volta doveva subire percosse e violenze da una mamma che non riusciva più a riconoscerla come figlia.
Probabilmente, da una prima ricostruzione, la separazione definitiva dal marito, che si è rifatto una vita nuova a Salerno, ha fatto traboccare il vaso. Da quel momento la donna ha sprigionato tutta la sua rabbia sulla giovanissima che già da tempo ha dovuto subire simili umiliazioni e violenze. Non fosse altro che le turbe mentali della donna L.M. negli ultimi periodi si fossero quintuplicate, tanto da spingere anche a vari ricoveri presso gli ospedali di igiene mentale, ma le cure non sono riuscite a frenare quell’istinto non materno… puntualmente feroce.
Violenze, continue violenze, di una quotidiana disumanità. Le ventenne veniva reclusa, non poteva uscire se non quando decideva lei e solo in sua compagnia.
Un evidente caso di perversione patologica con effetti devastanti sulla povera vittima che l’ha portata finalmente allo scoperto dalla coraggiosa denuncia della ventenne. Dopo l’ultimo pestaggio, stanca dei maltrattamenti e della schiavitù in cui era stata ridotta, ma, probabilmente anche preoccupata che le violenze potessero essere sempre maggiori ha portato quest’ultima a rivolgersi allo Studio Legale Avv. Fabiola De Stefano Avv. Danilo Iacobacci di Altavilla Irpina, che hanno provveduto a redigere delle querele per gli ultimi episodi, configurando reati di stalking e lesioni; rimettendo gli esposti al sindaco di Tufo ed al Piano di Zona Sociale, oltre che interessando il Nosocomio di Solofra.
Ebbene, le forze dell’ordine locali, unitamente a dei medici recatisi a visitare la L.M. per un eventuale Trattamento Sanitario Obbligatorio, si sono presentate presso l’abitazione dove vive la donna scoprendo che la stessa si era dileguata e risulta allo stato irreperibile. Notiziata la figlia, ha prodotto denuncia di scomparsa ai Carabinieri.
Allo stato dopo oltre 24 ore della L.M., persona disturbata mentalmente e pericolosa per sé e per gli altri, ancora non v’è traccia; risultando quindi al momento scomparsa.
24 novembre 2010 – Ancora nessuna notizia della madre violenta accusata dalla propria figlia. Proseguono le ricerche da parte delle forze dell’ordine e dei compaesani. Prende corpo la pista di un allontanamento volontario, anche perché la donna si sarebbe fatta sentire per telefono la mattina di sabato per dire che prima o poi forse sarebbe tornata.
Intanto, la vicenda ha commosso le istituzioni locali: il comune di Tufo unitamente ai servizi sociali del Piano di Zona si stanno curando di procurare una degna sopravvivenza alla giovane ventenne che ha denunciato la madre di violenze e maltrattamenti.
Unica nota positiva della vicenda è che i tristi fatti hanno riavvicinato il padre alla giovane figlia, l’uomo aveva infatti da anni abbandonato la famiglia proprio a causa della violenza e dei problemi psichici della moglie. Ora l’uomo, ritornato sui suoi passi, e preso atto della situazione di emergenza vissuta dalla figlia, si è trasferito in provincia di Avellino ed ha preso presso di sé la ragazza, che ha finalmente ritrovato un familiare con cui vivere.
Ad interessarsi della vicenda i due avvocati Fabiola De Stefano e Danilo Iacobacci a cui la giovane di Tufo è stata costretta a rivolgersi a seguito delle violenze a cui era costretta a subire.
Oristano –·Dopo la separazione, figlio affidato a madre: che lo violenta col nuovo compagno
1° luglio 2011 – Trent’anni di carcere sono stati inflitti a due genitori accusati di violenza sessuale continuata e aggravata nei confronti del figlio di cinque anni. Il Tribunale di Oristano (presidente Modestino Villani), dopo due ore di camera di consiglio ha accolto la richiesta di condanna del pubblico ministero Paolo De Falco nei confronti della·donna di 53 anni, difesa dall’avvocato Lina Mereu, e delsecondo marito di 34 anni, assistito invece dall’avvocato Rosaria Manconi.
I due genitori dovranno anche pagare una provvisionale di 250 mila euro al bambino, tutelato dall’avvocato di parte civile Eloise Barria. La vicenda risale al periodo compreso tra il 2005 e il 2007 e si e’ svolta in un paese del Marghine. Il bambino all’epoca aveva cinque anni.
Secondo quanto accertato, le violenze erano andate avanti per oltre due anni e si erano interrotte solo quando i due erano finiti in carcere, anche allora per violenza sessuale, nei confronti degli altri·due figli che la donna aveva avuto dal primo marito. Durante la detenzione alcune lettere che i due si erano scambiate avevano consentito di portare a galla gli abusi sul piccolo.
Bassano del Grappa (VC) -·Dopo la separazione, figli affidati alla madre-madrona: che li pesta. Salvati dai due padri
28 novembre 2011 -·E’ stata condannata a scontare 2 anni e 8 mesi di carcere la madre-madrona di Padova che per lungo tempo ha maltrattato i suoi tre figli.
La donna, una 40enne padovana residente nel vicentino, ha vessato e picchiato i suoi tre figli di 16, 10 e 3 anni fino a quando uno di loro non ha trovato il coraggio di chiamare, nel 2008, Telefono Azzurro per denunciarne i maltrattamenti.
Come accertato poi dai referti medici, la donna picchiava abitualmente i minori con un battipanni o con rami di piante, li lasciava senza mangiare e addirittura li costringeva ad alzarsi anche alle 4 di mattina per far svolgere loro faccende domestiche, tra cui prepararsi il pranzo.
All’origine del comportamento della donna, che i colleghi descrivono come stimata e responsabile sul lavoro, pare ci fosse la difficoltà di gestire da sola tre figli, avuti da due uomini diversi. Il giudice di Bassano, Deborah De Stefano, l’ha condannata a 2 anni e 8 mesi di reclusione, mentre i figli sono stati affidati ai rispettivi padri.
Porto Viro (RO) -·Dopo la separazione, figlia affidata alla madre: che la picchia
22 dicembre 2011 – Maltrattava la figlia minorenne dopo la separazione dal marito, e per questo una donna di 45 anni, casalinga residente a Porto Viro (Rovigo), è stata denunciata dai carabinieri.
La donna, secondo quanto ricostruito dai militari dell’Arma, proprio a seguito dei propri problemi coniugali avrebbe iniziato ad assumere un atteggiamento violento con la figlia minorenne, fino alle percosse per questioni futili.
Almeno un episodio violento – secondo i carabinieri – si sarebbe verificato nella casa dei nonni paterni, tanto che, oltre alla violenza su minore, si sarebbe configurata l’ipotesi di violazione di domicilio.
La posizione della donna è ora al vaglio della magistratura mentre a titolo cautelativo è stato informato anche il Tribunale per i Minorenni di Venezia. (Ansa)
USA -·Dopo la separazione, figlia affidata alla madre-madrona: salvata dal padre
4 febbraio 2012 -·Ha tagliato i capelli alla figlia e le ha spruzzato negli occhi e sul corpo uno spray al peperoncino fatto in casa. La ragazzina di 13 anni è stata così punita dalla madre, la 38enne·Dorcus Moore, per aver interrotto la donna mentre faceva sesso con il convivente. La donna è stata arrestata per violenza su minore.
La ragazzina ha raccontato alla polizia di Pawtucket, nello stato di Rhode Island,·che la Moore le ha ordinato di prendere delle forbici, che ha poi utilizzato per tagliarle i capelli a zero. Una volta finito, la madre le avrebbe spruzzato su viso, braccia, gambe e vagina con uno spray piccante.
Solo il giorno seguente, dopo una notte passata tra le sofferenze date dal bruciore, la 13enne ha trovato il coraggio di parlarne a scuola ed avvisare la polizia.
La ragazza è attualmente con il padre, mentre la madre è stata rilasciata su cauzione.
fonte
Olevano sul Tusciano (SA) -·Dopo la separazione, figlia affidata a madre: che la bastona
3 maggio 2012 – (Adnkronos) Brutta avventura per una ragazza di 15 anni fuggita da casa e ritrovata in lacrime e senza scarpe dai carabinieri lungo la strada provinciale che porta ad Olevano sul Tusciano, nel salernitano.
La ragazza, 15 anni, ha raccontato ai militari di essere fuggita da casa al termine dell’ultimo litigio con la madre la quale non approva la relazione con il fidanzatino. La giovane ha anche raccontato che la donna altre volte l’aveva picchiata con un bastone e una cintura di cuoio, provocandole escoriazioni in alcune parti del corpo.
I carabinieri hanno accompagnato la 15enne all’ospedale di Battipaglia, dove le hanno curato le ferite; poi e’ stata affidata al padre che vive in un’altra citta’.
La madre della ragazza e’ stata denunciata in stato di libertà alla procura di Salerno per maltrattamenti in famiglia.
Frosinone -·Dopo la separazione, figlie affidate a madre: la maggiore prende sopravvento
14 luglio 2012 – Minacce, lesioni ed estorsione: con queste accuse una 17enne è stata arrestata dai carabinieri a Frosinone. Le vittime della diciassettenne erano la madre e le sorelline.
La situazione era diventata insostenibile e alla fine la madre, per paura che potesse accadere qualcosa di tragico alle figlie più piccole, ha chiesto aiuto ai carabinieri. Le verifiche hanno confermato il racconto della donna, che è separata.
La ragazza, tra l’altro, non è nuova a scatti d’ira e reazioni violente: già altre volte, in passato, era stata segnalata da alcuni condòmini per aggressioni, non soltanto verbali.
Alta, magra, ma dotata di una forza notevole, la diciassettenne, nell’ultimo periodo, aveva iniziato a pretendere soldi dalla madre e, di fronte ad ogni rifiuto, reagiva alzano le mani. Quando è stata picchiata brutalmente la donna ha chiamato i carabinieri.
La Procura dei minorenni ha valutato denuncia e riscontri e disposto l’arresto. La ragazza è stata accompagnata in una casa di accoglienza della Capitale.
Napoli -·Dopo la separazione, bimba affidata alla madre: che la scaraventa giù dalla finestra
18 agosto 2012 – Attimi di terrore in via Concordia a Napoli, vicolo dei Quartieri Spagnoli, dove una donna di 29 anni ha prima lanciato dal balcone la figlioletta di tre anni e poi si è lasciata cadere anche lei in strada. L’intervento provvidenziale dei poliziotti, però, ha evitato il peggio: sia mamma che bimba sono ricoverate in ospedale, ma le loro condizioni non sono gravi.
Secondo quanto ricostruito dai poliziotti del commissariato Montecalvario, F. M. era da sola in casa con la piccola quando è uscita fuori il balcone, ha afferrato per un piede la figlioletta di tre anni e, dopo averla fatta ciondolare, l’ha lanciata nel vuoto. Immediatamente dopo, anche la 29enne si è gettata dal balcone del civico 60. Sia la piccola che la madre sono state salvate dai poliziotti che – allertati da una telefonata alla centrale operativa, secondo la quale una donna minacciava il suicidio – intervenuti sul posto sono riusciti ad afferrare sia la bambina che la madre.
La donna, separata e con vari precedenti di polizia, pare che avesse ricevuto già nei mesi una visita da parte degli assistenti sociali. La sua posizione è attualmente al vaglio degli investigatori che procederanno ad interrogarla nelle prossime ore. Attualmente la donna è ricoverata in stato di shock e sedata presso l’ospedale Vecchio Pellegrini, mentre la figlioletta è presso il nosocomio pediatrico Santobono. La bimba è vigile ed è fuori pericolo.
Fonte: Genitori Sottratti
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